Cass. civ., sez. V trib., sentenza 07/07/2022, n. 21485

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 07/07/2022, n. 21485
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21485
Data del deposito : 7 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

1. - Con un solo motivo rescindente" R. S.r.l. ricorre per la revocazione della sentenza n. 25023/15, depositata in data 11 dicembre 2015, con la quale la Corte, - pronunciando sull'impugnazione proposta, in via principale, dal Comune di Genova avverso la sentenza n. 139/2012, depositata il 27 dicembre 2012, della Commissione tributaria regionale di Genova, - ha accolto il ricorso "limitatamente al capo concernente l"annullamento dell'avviso di accertamento n. (---)", così cassando, con rinvio, l'impugnata sentenza.

Assume la ricorrente che, così pronunciando, la Corte ha omesso di esaminare, e di decidere, il ricorso (pur) proposto da essa esponente in via incidentale con riferimento all'avviso di accertamento che, anch'esso oggetto di decisione da parte della (allora) gravata sentenza, - era stato emesso, sempre a fini ICI, per l'annualità 2004;
ricorso, questo, articolato su quattro motivi che involgevano le eccezioni svolte da essa esponente in ordine, rispettivamente, alla tempestività di esercizio del potere impositivo, alla rilevata inammissibilità dell'istanza di disapplicazione della delibera comunale di determinazione delle aliquote ICI per l'anno 2004 e alla stessa legittimità della maggiorazione di imposta (applicata con aliquota del 9 per mille) con riferimento ad unità immobiliari non locate da oltre due anni.

Il Comune di Genova resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

1. - Va premesso che:

- il ricorso, nella fattispecie, è stato tempestivamente proposto in quanto, come statuito dalla Corte, il relativo termine di proposizione, ridotto da un anno a sei mesi, in sede di conversione del D.L. n. 168 del 2016, dalla L. n. 197 del 2016, - si applica ai soli provvedimenti pubblicati dopo l'entrata in vigore della stessa legge di conversione (30 ottobre 2016), in difetto di specifica disposizione transitoria e in applicazione del principio generale di cui all'art. 11 preleggi (Cass. Sez. U., 23 aprile 2020, n. 8091 cui afide Cass., 9 luglio 2021, n. 19622);

- la diretta definizione del ricorso in pubblica udienza, con omissione della trattazione camerale prevista in relazione alla fase rescindente, costituisce una mera irregolarità del procedimento (art. 380 bis c.p.c.), che non determina violazione dei diritti di difesa, tenuto conto della più ampia garanzia assicurata dal giudizio in pubblica udienza (Cass. Sez. U., 7 marzo 2016, n. 4413;
Cass., 14 maggio 2010, n. 11806;
Cass., 8 aprile 2009, n. 8559);

- l'impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione è ammessa nell'ipotesi di errore compiuto nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità, errore che presuppone l'esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l'altra dagli atti e documenti di causa, così che deve ritenersi esperibile, ai sensi dell'art. 391-bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, la revocazione per l'errore di fatto in cui sia incorso il giudice di legittimità che non abbia deciso su uno o più motivi cli ricorso (Cass. Sez. U., 27 novembre 2019, n. 31032;
Cass., 18 ottobre 2018, n. 26301;
Cass., 15 febbraio 2018, n. 3760;
Cass., 26 agosto 2015, n. 17163;
Cass., 21 luglio 2011, n. 16003).

2. - Va, quindi, disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso, svolta dal controricorrente, in quanto, come già statuito dalla Corte, la domanda di revocazione della sentenza della Corte di cassazione per errore di fatto, - se deve contenere, a pena di inammissibilità, oltre all'indicazione del motivo della revocazione, prescritta dall'art. 398 c.p.c., comma 2, anche l'esposizione dei fatti di causa, richiesta dall'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, al fine di rendere agevole la comprensione della questione controversa e dei profili di censura formulati, in immediato coordinamento con il contenuto della sentenza impugnata (Cass., 1 giugno 2018, n. 14126;
Cass. Sez. U., 6 luglio 2015, n. 13863;
Cass., 19 ottobre 2006, n. 22385), - esposizione che non può ritenersi validamente effettuata mediante il semplice rinvio al precedente ricorso per cassazione (Cass., 1 giugno 2018, n. 14126;
Cass., 19 ottobre 2006, n. 22385), - non deve, però, contenere (anche) la riproposizione dei motivi dell'originario ricorso per Cassazione (Cass. Sez. U., 20 novembre 2003, n. 17631 cui adde Cass., 2 novembre 2010, n. 22292;
Cass., 22 novembre 2006, n. 24586;
Cass. Sez. U., 30 dicembre 2004, n. 24170).

3. - Con la sentenza oggetto di impugnazione (n. 139 del 2012, cit.), la Commissione tributaria regionale aveva accolto (solo) parzialmente l'appello proposto dalla contribuente, - "per l'anno d'imposta 2004 in quanto non dovuta I'ICI per l'immobile condominiale di Via Fossatello 212", - con conferma, nel resto, dell'impugnato avviso di accertamento, rilevando che:

- l'avviso di accertamento (n. 566187/2004) era stato "emanato nei termini di legge in quanto alla data di entrata in vigore della L. 27 dicembre 2006, n. 296, non era ancora scaduto il termine triennale-di prescrizione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11", e posto che la notifica si era perfezionata ("in data 26/08/2008"), dietro consegna di copia dell'atto "tramite il messo notificatore, matr. n. (---), presso la sede della Società";

- l'eccepita illegittimità della determinazione delle aliquote ICI, sulla base di deliberazione adottata dalla Giunta comunale, andava fatta valere con impugnazione da proporsi davanti al giudice ordinario, l'istanza risultando inammissibile per "incompetenza delle Commissioni tributarie nella materia";

- del pari andava disattesa l'eccezione di illegittimità della deliberazione relativa alla maggiorazione (al 9 per mille) dell'aliquota ICI, in quanto la scelta dell'Ente locale trovava fondamento normativo nel D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 6, comma 2, e nella L. n. 431 del 1998, art. 2, comma 4, disposizioni queste che si applicavano agli "immobili non locati, senza distinguere se di proprietà privata o di una società di gestione di patrimonio immobiliare come nel caso di specie";
per di più la scelta della società di mantenere sfitti gli immobili corrispondeva ad una specifica valutazione economica, "avendo gli immobili liberi... un valore di mercato maggiore rispetto a quelli locati.".

4. - La parte, odierna ricorrente, aveva spiegato quattro motivi di ricorso incidentale, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deducendo:

- violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 12, alla L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 161 e 171, alla L. n. 212 del 2000, art. 1 e art. 3, comma 1, art. 11 preleggi, sull'assunto che le disposizioni della citata L. n. 296 del 2006, avevano esteso i loro effetti retroattivi (ai rapporti di imposta ancora pendenti), in violazione delle disposizioni di cui alla citata L. n. 212 del 2000, e posto che detta retroattività non era stata prevista in espressa deroga alla L. n. 212 del 2000, art. 1, comma 1;

- violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5 e art. 7, comma 5, sull'assunto che l'incompetenza dell'organo (giunta comunale) che aveva adottato la deliberazione sulla misura delle aliquote ICI (deliberazione di Giunta, n. 170/2004) costituiva vizio del provvedimento amministrativo deducibile in giudizio in funzione del potere di disapplicazione spettante al giudice tributario, potere, questo, il cui esercizio era stato giustappunto sollecitato e rispetto al quale inconferente rimaneva il riferimento operato dalla gravata sentenza alla categoria della incompetenza;

- violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 6, comma 2, ed alla L. n. 431 del 1998, art. 2, comma 4, posto che, alla stregua di dette disposizioni, l'innalzamento dell'aliquota ICI, in relazione ad immobili non locati, poteva ritenersi legittimo (solo) qualora non ancora conclusi "accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative" (art. 2, commi 3 e 4, citati), accordi che, nella fattispecie, si erano, però, già perfezionati;
di vero, risultando legittima la deroga al limite massimo dell'aliquota ICI (secondo la misura del 7 per mille di cui all'art. 6, comma 2" citati), - con riferimento "agli immobili non locati per i quali non risultino essere stati registrati contratti di locazione da almeno due anni", - (solo) in relazione al fine di favorire la

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