Cass. pen., sez. III, sentenza 04/08/2021, n. 30324
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Testo completo
IN CANCELLI SENTENZA - 4 AGO Z021 sul ricorso proposto da IL CANCE ERTO AM LE, nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 2/11/2020 della Corte di appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 2/11/2020, la Corte di appello di Napoli riduceva la pena irrogata a LE AM con la pronuncia emessa 1'8/3/2017 dal Tribunale di Napoli Nord, che aveva riconosciuto l'imputato colpevole dei delitti di cui agli artt. 5 e 10, d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, commessi quale legale rappresentante della "AM Store s.r.l.".
2. Propone ricorso per cassazidne il condannato, a mezzo del proprio difensore, deducendo i seguenti motivi: - inosservanza e/o erronea degli artt. 192, 533 cod. proc. pen., 5, d. Igs. n. 74 del 2000;
mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Richiamata ampia giurisprudenza sulla valutazione della prova e sul principio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio", si contesta che la sentenza di appello sarebbe fondata su indizi intrinsecamente equivoci, suscettibili di incerta valorizzazione e di scarso spessore dimostrativo;
la Corte - che, peraltro, non avrebbe considerato che la società era in liquidazione e che il padre del ricorrente avrebbe ben descritto l'involontario smarrimento delle scritture contabili - avrebbe confermato la condanna in forza del solo accertamento amministrativo/tributario, induttivo e sintetico, che di per sé non potrebbe costituire prova autosufficiente del reato di cui all'art. 5 in rubrica. La base imponibile, pertanto, sarebbe stata individuata in maniera arbitraria e contraria alle regole di diritto, che rimetterebbero al solo giudice penale l'accertamento dell'ammontare dell'imposta evasa, attraverso una verifica che potrebbe anche entrare in conflitto con quella eventualmente operata dal giudice tributario. In termini diversi, per contro, avrebbe operato il consulente della difesa, che avrebbe concluso senza presunzioni di sorta ed in forza di numerosi controlli sostanziali basati su dati e notizie raccolti sul campo;
quel che, peraltro, il ricorso diffusamente specifica alle pagg. 17-23, con riguardo: a) alla comunicazione IVA 2011;
b) alla documentazione relativa agli acquisti;
c) alla mancata corrispondenza delle fatture derivanti dai questionari a quanto risulterebbe dalla "documentazione extracontabile" rinvenuta;
d) alla duplicazione dell'imponibile e dell'IVA. Così da concludere, dunque, che la stessa base imponibile - sulla quale calcolare l'imposta evasa - sarebbe diversa da quella accertata dalla Guardia di Finanza. Analoghe considerazioni, peraltro, varrebbero anche per l'IRES, come da prospetti alle pagg. 21-22 del ricorso;
- la stessa censura, di seguito, è mossa con riguardo al profilo soggettivo di entrambi i reati contestati. La Corte di appello avrebbe steso al riguardo una motivazione carente, che peraltro muoverebbe dall'erroneo presupposto che il delitto di cui all'art. 10, d. Igs. n. 74 del 2000, non avrebbe costituito oggetto di gravame. La sentenza, ancora, non avrebbe valutato vari elementi che proverebbero l'assenza di dolo su entrambe le fattispecie, ed avrebbe contestato, con argomento apodittico, le precise e dettagliate affermazioni del padre del ricorrente sul punto, a conferma dell'assenza dell'elemento psicologico delle condotte;
- la violazione di legge ed il vizio motivazionale, ancora, sono contestati con riguardo al diniego di rinnovazione istruttoria, sollecitata dalla difesa quanto ad una perizia;
la lapidaria risposta offerta sul punto dalla sentenza sarebbe viziata, ed eleverebbe la Corte al rango di peritus peritorum, laddove, per contro, sarebbe risultata necessaria la nomina di un collegio di specialisti per fugare gli innumerevoli dubbi scaturiti dalla consulenza in atti;
- le stesse censure, ancora, sono mosse con riguardo alla causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen., negata in appello - per profili palesemente secondari - pur in presenza di tutti i presupposti necessari per escludere la gravità del fatto, a muover dall'assenza di abitualità della condotta;
- violazione di legge e vizio motivazionale, infine, sostengono anche l'ultimo motivo di ricorso, in tema di trattamento sanzionatorio;
questo è giudicato eccessivo, lamentandosi la modesta riduzione per le circostanze attenuanti generiche, in contrasto con l'art. 65 cod. pen., ed evidenziandosi una pluralità di indici (elencati alle pagg. 36 e 37) che avrebbero giustificato una pena meno severa. Eccessivo ed immotivato, ancora, sarebbe l'aumento a titolo di continuazione, che avrebbe di fatto prodotto un cumulo materiale in luogo di quello giuridico.
3. Con requisitoria scritta del 24/5/2021, il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto il rigetto dell'impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso risulta manifestamente infondato.
5. Al riguardo, occorre innanzitutto ribadire che il controllo del Giudice di legittimità sui