Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 23/10/2020, n. 23368
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso 4951-2017 proposto da: NI ST, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
VARRONE
9, presso lo studio dell'avvocato FRANCESCO VANNICELLI, rappresentato e difeso dall'avvocato LUIGI ROBOL;
- ricorrente- 2019 contro 3884 FU RC, SP LUIGINA, domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall'avvocato GIANLUIGI BONFANTE;
- controricorrenti -
nonchè
contro
GO IS;
- intimata - avverso la sentenza n. 331/2016 della CORTE D'APPELLO di BRESCIA, depositata il 06/10/2016 R.G.N. ;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/12/2019 dal Consigliere Dott. FEDERICO DE GREGORIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ALESSANDRO CIMMINO, che ha concluso per il rigetto del ricorso. ud. 03.12.19 rg. n. 4951 17 FATTI di CAUSA íl sig. TO NI conveniva in giudizio, davanti al giudice del lavoro di Verona, il coniuge GO LI (da cui si era separato), per accertarsi la prosecuzione della impresa familiare agricola (in essere dal 1976) oltre la data di separazione dei coniugi (1998), nonché accertarsi il suo diritto ad una quota dell'80% dell'impresa in ragione del proprio lavoro, asseritamente prevalente;
per il diverso caso di riconoscimento della cessazione dell'impresa, chiedeva la condanna della GO a corrispondergli una quota dei quattro fondi, intestati alla sola convenuta in via esclusiva, per essere stati detti fondi acquistati con i proventi della impresa familiare. La sig.ra GO spiegava domanda riconvenzionale, chiedendo il rendiconto dell'impresa dal 1998. Il giudizio di primo grado sì concludeva con sentenza non definitiva del 20.11.07, che riconosceva l'impresa dal 1976 al 1998 e dichiarava il diritto dell'attore al 50% dell'impresa. La sentenza definitiva del 18.5.08 liquidava, quindi, alla GO il 50% degli utili dal 1998 al 2007. La Corte d'Appello di VE con sentenza del 3.2.2011 riteneva cessata l'impresa familiare al 1998, ravvisando la formazione del giudicato sul punto, per effetto di mancata impugnazione, ed inammissibili le richieste istruttorie dell'attore, volte a dimostrare il lavoro del NI, confermando altresì il diritto dei coniugi al 50% dell'impresa. La Corte veneziana dichiarava, inoltre, inammissibile la domanda diretta a far ricadere nell'impresa i quattro fondi intestati alla OL, ritenendo la questione di proprietà non di competenza del giudice del lavoro;
infine, rigettava la domanda riconvenzionale. Avverso la pronuncia d'appello proponeva ricorso per cassazione il NI con due motivi, mentre la GO restava intimata. Con il primo motivo di ricorso veniva lamentata la violazione dell'art. 230 bis c.c., per avere ritenuto la Corte distrettuale inammissibile la domanda di attribuzione dei beni, benché si fosse in presenza di incrementi dell'azienda e di beni acquistati con gli utili di essa. Con il ud. 03.12.19 r.g. n. 4951 17 secondo motivo di ricorso si deduceva vizio di motivazione, per aver la Corte distrettuale fitenuto carente la prova sul lavoro prevalente svolto nell'impresa. Questa Corte con sentenza n. 7007 pubblicata l'otto aprile 2015 giudicava fondato il primo motivo di ricorso, essendo la domanda ammissibile e ritualmente proposta al giudice del lavoro, in quanto inerente agli incrementi dell'azienda o ai beni acquistati con gli utili di essa. Per contro, veniva considerato infondato il secondo motivo di ricorso, volto a dimostrare la prevalenza del lavoro del marito rispetto a quello della moglie, in quanto la Corte territoriale aveva adeguatamente motivato sul punto, valutando je nel merito le acquisite emergenze istruttorie. Di conseguenza, veniva ribadito il principio di diritto, però inosservato dalla Corte veneziana, secondo cui,in tema d'impresa familiare, la cognizione del giudice del lavoro, ex art. 409 cod. proc. civ., non è circoscritta all'accertamento del diritto alla remunerazione dei soggetti indicati dall'art. 230 bis cod. civ., ma comprende la domanda con la quale un coniuge, previo accertamento della partecipazione all'impresa familiare con l'altro coniuge, chieda, ai sensi della disposizione citata, l'attribuzione di beni o di quote di beni, che assuma acquistati con i proventi dell'impresa stessa, posto che tali pretese trovano titolo nel rapporto di collaborazione personale, continuativa e coordinata, riconducibile nella previsione dell'art. 409 n. 3 cod. proc. civ., il quale non diversifica le controversie in ragione del fatto che sia stata proposta una domanda di accertamento ovvero di condanna (in senso conforme Cass.n. 158 del 1990). La sentenza impugnata veniva, dunque, cassata in accoglimento del primo motivo, e la causa rinviata, al fine di accertare il collegamento dei beni con l'impresa familiare, alla Corte d'Appello di Brescia, anche per il regolamento delle spese di lite. Il giudizio veniva, quindi, riassunto dal NI come da ricorso depositato l'otto luglio 2015. Nel giudizio di rinvio, rimasta contumace la GO, che non vi si costituiva, intervenivano volontariamente i sigg. FU RC e SP GI, facendo presente che nelle more il Tribunale di Verona aveva accolto la loro domanda concernente il rivendicato acquisto del diritto di proprietà su tre dei quattro fondi per i quali il sig. NI aveva reclamato il suo diritto alla comproprietà, avendo essi stipulato promesse di vendita con la sig.ra GO, che vi si era obbligata. La sentenza del Tribunale veronese era stata, poi, tici. 03.12.19 r.g. n. 49:51 1' confermata dalla Corte d'Appello di VE come da pronuncia n. 1083/2015, contro la quale H solo NI aveva in seguito proposto ricorso per cassazione. Tanto premesso, la Corte d'Appello di Brescia, in sede di rinvio da Cass. n. 7007/15, con sentenza del sei ottobre - primo dicembre 2016 (notificata dall'avv. Gianluigi Bon fante quale difensore dei sigg.ri FU 7T RC e SP LU il tre dicembre 2016 in via telematica), ritenuto ammissibile l'anzidetto intervento -avuto riguardo essenzialmente alle eventuali conseguenze dannose derivanti dalla causa di cui è processo in questo giudizio, in relazione al diritto riconosciuto ai suddetti FU e SP ex art. 2932 c.c. nel separato contenzioso, pendente, pur tenendo conto dei principi di diritto affermati dalla succitata cassazione, alla stregua pure delle risultanze peritali emergenti da apposita c.t.u., ritenuta altresì assodata l'acquisizione del diritto di proprietà a favore degli intervenuti, in parziale riforma della decisione emessa dal Tribunale di Verona, n. 773/2007, condannava GO LI al pagamento, in favore di NI TO della somma di euro 115.202,00 [pari alla metà del valore complessivo dei tre fondi oggetto dei menzionati contratti di promessa di vendita, immobili già risultanti intestati alla sola GO, ma giudicati in realtà facenti parte del patrimonio dell'impresa familiare, cessata, in ragione del 50% per ciascun coniuge, (tale essendo la portata del diritto di partecipazione del NI, come ormai definitivamente accertata) coerentemente];
accertava inoltre il diritto dello stesso NI al trasferimento del 50% della proprietà del fondo Brusà, unico dei quattro residuato dal patrimonio della disciolta impresa familiare. Condannava, infine, la convenuta GO al pagamento della metà, compensata la restante quota, delle spese processuali, ivi comprese quelle riferite al giudizio di legittimità, nonché per intero quelle relative agli intervenuti, ovviamente per questi ultimi nei soli riguardi del NI. Quest'ultimo, in seguito, ha impugnato la sentenza della Corte bresciana mediante ricorso per cassazione, di cui all'atto notificato a mezzo posta spedita il primo febbraio 2017, affidato a quattro motivi, cui hanno resistito i soli FU RC e SP GI con controricorso del 20 / 23 marzo 2017.ucl. 03.12.19 r.g. n. 4951 -17 Anche in questa occasione non si è costituita in giudizio la GO, rimasta perciò intimata (v. per costei pure la notificazione del ricorso per cassazione alla medesima, personalmente, presso la sua residenza in località Campo Casarole, Brentino Belluno di cui alla racc.ta a.r. 76716721511-6, con allegata annotazione di Poste Italiane, circa l'avvenuta consegna della spedizione in data sei febbraio 2017. Per contro, appare qui processualmente irrilevante l'errata notificazione del controricorso alla sig.ra LI OL presso la cancelleria della Corte d'Appello di Brescia ed in via telematica tramite p.e.c. all'avv. Silvia Girotto in data 20-03-2017, visto che anche nel giudizio di rinvio la predetta risultava contumace -cfr. infatti Cass. I civ. n. 19437 del 18/12/2003, secondo cui alla parte rimasta contumace nel giudizio "a quo", la notificazione dell'impugnazione, salvo che non debba avvenire nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto all'atto della notificazione della sentenza ai sensi del primo comma dell'art. 330 cod. proc. civ., ove il contumace abbia provveduto in tal senso, va effettuata personalmente a norma degli artt. 137 e seguenti cod. proc. civ., dovendo considerarsi inesistente, e non soltanto nulla, la notificazione che, nella ricorrenza degli indicati presupposti, venga eseguita presso la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata. V. in senso analogo anche Cass. sez. un. civ. n. 9539 del 4/11/1996, Cass. lav. n. 4398 del 29/4/1998 e III civ. n. 10409 del 18/07/2002 -, in quanto nel controricorso nulla è stato dedotto, né opposto o richiesto contro la OL, mentre veniva unicamente eccepita l'inammissibilità / improcedibilità del