Cass. civ., sez. III, sentenza 29/10/2019, n. 27610
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Nell'azione di responsabilità promossa dal curatore, la totale mancanza di contabilità sociale ovvero la sua tenuta in modo sommario e non intellegibile giustifica la condanna dell'amministratore al risarcimento del danno, vertendosi in tema di violazione da parte dell'amministratore medesimo di specifici obblighi di legge, idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio sociale, la cui entità ben può essere determinata, in via equitativa, in misura percentuale, nel caso di specie pari al 30%, rispetto al maggior importo del credito erariale ammesso al passivo per effetto della omissione degli adempimenti tributari e contributivi.
Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.
Sul provvedimento
Testo completo
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Bologna con sentenza depositata il 19 marzo 2010 ha accolto l'azione di responsabilità esercitata dal curatore del fallimento della (------) S.r.l. nei confronti del suo amministratore, T.U., condannando quest'ultimo al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, della somma di Euro 327.895,03, oltre rivalutazione e interessi.
2. Con la sentenza in epigrafe la Corte d'appello di Bologna ha confermato tale decisione, respingendo il gravame interposto dal soccombente.
Respinte le reiterate eccezioni di nullità della procura apposta a margine dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, di prescrizione del credito risarcitorio e di nullità della domanda, la Corte territoriale ha nel merito rilevato che:
- l'omessa tenuta della contabilità e l'omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali per gli esercizi dal 2004 al 2007 è un fatto pacifico (e comunque, grazie alla verifica fiscale della Gdf, documentalmente provato);
- è incontestabile che almeno le sanzioni fiscali irrogate per l'omesso versamento dei tributi e dei contributi previdenziali siano un danno causalmente ricollegabile alla condotta del T. in modo immediato e diretto;
- il Tribunale ha quantificato il danno cagionato dal T. nella misura di Euro 327.895,03 facendo richiamo all'equità, ossia applicando la percentuale del 30% al complessivo credito di Equitalia iscritto al passivo;
- la determinazione equitativa del tribunale deve essere condivisa, sia perchè non è stata specificamente contestata dall'appellante, sia perchè essa corrisponde al maggior importo che mediamente e notoriamente deriva a carico dell'imprenditore per l'omissione degli adempimenti tributari e contributivi.
2. Avverso tale decisione T.U. propone ricorso per cassazione articolando ventitre motivi, cui resiste la curatela, depositando controricorso.
Ragioni della decisione
1. Premessa sui criteri espositivi.
I numerosi motivi di ricorso verranno qui di seguito sinteticamente descritti, attraverso la trascrizione testuale delle rispettive rubriche (in grassetto) e, di seguito, una sintesi della loro illustrazione (omessa nei casi in cui la rubrica risulti già di per sè esaustivamente esplicativa del contenuto della censura).
Seguirà, al termine di ciascuno dei paragrafi dedicati ai singoli motivi, ovvero a più di essi raggruppati se congiuntamente esaminabili (per sostanziale sovrapposizione e/o per comunanza di tema trattato), l'esposizione della valutazione operata dal Collegio.
2. Primo motivo: l'eccezione di nullità della procura rilasciata a margine dell'atto introduttivo del giudizio di primo arado.
Violazione di legge per non aver ritenuto la nullità della procura ex art. 83 c.p.c..
Viene riprodotta la parte della sentenza dedicata alla questione;
da essa si ricava che l'eccezione era basata:
a) sul rilievo che la procura sarebbe stata "rilasciata in data (18/6/2010) precedente ai fatti descritti nella stessa prima pagina dell'atto di citazione (29/6/2010)", dal che la sua natura di "procura in bianco" non consentita nel nostro ordinamento;
b) sull'ulteriore rilievo della illeggibilità della sottoscrizione.
La Corte d'appello ha ritenuto l'eccezione:
a) infondata quanto al primo rilievo (per essere richiesta, ai fini della validità della procura, solo la certezza e la conoscibilità del potere rappresentativo del difensore che sostituisce in giudizio la parte);
b) inammissibile quanto al secondo (per non essere stato in precedenza dedotto) e, comunque, manifestamente infondata.
Con il motivo in esame il ricorrente contesta che il secondo dei predetti rilievi possa considerarsi nuovo ed afferma che l'invalidità della procura è evidente "risultando non solo illeggibile la sottoscrizione e la persona o l'ente dalla quale la stessa è conferita (sicchè se ne deve presumere la riferibilità al curatore) ma è in bianco e non si riferisce all'oggetto della causa" (così testualmente in ricorso).
2.1. Il motivo si appalesa inammissibile, sotto diversi profili.
2.1.1. Anzitutto per evidente aspecificità.
Il ricorrente si limita invero a riferire genericamente le ragioni della dedotta nullità della procura dell'atto introduttivo (peraltro assai brevemente e in termini che non consentono di coglierne il senso, non essendo precisato quali siano i "fatti descritti nella prima pagina della citazione" e perchè la loro asserita posteriorità rispetto alla data della procura dovrebbe dimostrare che questa sia stata rilasciata "in bianco", tanto più se si considera che l'azione di responsabilità è riferita alle cause ed alle conseguenze di una insolvenza emersa diversi anni prima e sfociata in una dichiarazione di fallimento del marzo del 2010 e considerato che tra le eccezioni opposte in primo grado e, come detto, respinte, vi era anche quella di prescrizione del credito risarcitorio: il che presuppone che, secondo la stessa prospettazione difensiva dell'odierno ricorrente, i fatti posti a fondamento della domanda erano talmente anteriori alla sua proposizione da risultare questa addirittura, in tesi, tardiva rispetto al termine prescrizionale).
Il ricorrente in ogni caso omette di riprodurre in ricorso il contenuto dell'atto di cui afferma la nullità, nè indica in quale sede processuale lo stesso risulti prodotto, violando così palesemente l'onere imposto dall'art. 366 c.p.c., n. 6, a pena di inammissibilità, di specificamente indicare gli atti e i documenti su cui il ricorso si fonda.
E' noto c e al riguardo che, oltre ad una compiuta descrizione in ricorso - nella specie come detto mancante - del contenuto dell'atto o documento che possa consentire una immediata verifica delle ragioni e delle pertinenza della censura, è necessario anche che si provveda alla relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta alla Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l'esame (v. Cass. 16/03/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell'esatta collocazione nel fascicolo d'ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (v. Cass. 09/04/2013, n. 8569;
06/11/2012, n. 19157;
16/03/2012, n. 4220;
23/03/2010, n. 6937;
ma v. già, con riferimento al regime processuale anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006, Cass. 25/05/2007, n. 12239), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass. Sez. U. 19/04/2016, n. 7701).
Un tale onere, come noto, si impone anche in relazione alle censure di carattere processuale, avendo questa Corte costantemente affermato che, anche in ipotesi di error in procedendo per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale, il potere dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali è condizionato all'adempimento da parte del ricorrente, per il principio di autosufficienza de ricorso per cassazione, dell'onere di indicarli compiutamente, non essendo consentita al giudice una loro autonoma ricerca, ma solo una loro verifica (v. e plurimis Cass. Sez. U. 03/11/2011, n. 22726;
Sez. U. 27/03/2008, n. 7930;
Sez. U. 28/07/2005, n. 15781;
Cass. 13/06/2014, n. 13546;
19/3/2007, n. 6371).
2.1.2. Mette conto comunque rilevare che, pur riguardata nella sua astratta prospettazione, la tesi della invalidità della procura speciale, perchè rilasciata "in bianco", è destituita di fondamento, palesandosi corretta e conforme a consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità la regola di giudizio al riguardo evocata in sentenza: rispetto alla quale il ricorrente omette peraltro qualsiasi considerazione critica, esponendosi sotto tale profilo il motivo a ulteriore rilievo di inammissibilità ex art. 360-bis c.p.c., n. 1.
Costituisce invero jus receptum nella giurisprudenza di legittimità l'affermazione che la procura - salvo che non si tratti di quella rilasciata per ricorrere per cassazione - è validamente rilasciata anche prima della redazione dell'atto difensivo in calce o a margine del quale è posta, in quanto la corrispondenza tra l'attività svolta dal difensore e l'effettivo volere del rappresentato attiene esclusivamente al rapporto interno tra difensore e cliente (Cass. 18/07/2003, n. 11256;
26/07/2002, n. 11106, 16/05/1997, n. 4389), non essendo richiesta, a pena di nullità, la dimostrazione della volontà delle parti di fare proprio il contenuto del medesimo atto nel momento stesso della sua formazione ovvero ex post (Cass. 10/07/2014, n. 15759;
06/11/2006, n. 23608;
n. 11106 del 2002, cit.).
2.1.3. I superiori rilievi di aspecificità della censura riguardano anche la dedotta illeggibilità della sottoscrizione della procura, rispetto alla quale risulta altresì aspecifica e meramente assertiva la contestazione della inammissibilità dell'eccezione poichè tardiva ex art. 157 c.p.c., comma 2, in quanto per la prima volta proposta in appello (sulla correttezza del relativo rilievo v. Cass. 29/03/2019, n. 8930;
Cass. Sez. U. 07/03/2005 n. 4810;
07/11/2013, n. 25036;
Cass. 4149/2012;
Cass. s.u. 4810/2005) e analogamente, comunque, meramente oppositiva e priva dunque di alcun valore censorio quella della sua infondatezza, pure affermata in sentenza.
3. Secondo motivo: dedotta nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 per omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 112 c.p.c. in relazione a tutta l'impostazione della sentenza.
Si lamenta che la sentenza non prenda posizione sulle questioni e argomentazioni svolte con l'atto d'appello, delle quali si offre un ampio riassunto.
3.1. Il motivo si appalesa inammissibile per non essere immediatamente riconducibile ad un preciso vizio cassatorio tra quelli tassativamente indicati dall'art. 360 c.p.c., oltre che per genericità.
Si fa confuso riferimento in rubrica ad un error in procedendo (nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4) ma al contempo ad un vizio di