Cass. civ., sez. III, sentenza 23/04/2003, n. 6432
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In tema di esecuzione forzata con espropriazione presso terzi, il terzo pignorato che ha reso la dichiarazione di cui all'art. 547 cod. proc. civ. rimane estraneo al processo esecutivo, sicché la sua partecipazione al giudizio di opposizione agli atti esecutivi non è di massima necessaria, restando limitata al debitore e al creditore procedente, oltre che agli eventuali intervenuti; è fatta peraltro salva l'ipotesi in cui il giudizio di opposizione abbia ad oggetto la validità o l'efficacia del pignoramento, e che possa quindi comportare la liberazione del terzo dal relativo vincolo d'indisponibilità.
In tema di esecuzione forzata, il limite del quinto alla pignorabilità degli stipendi dei pubblici dipendenti, senza esclusione dei crediti alimentari, va riferita ai soli dipendenti statali e non anche a quelli comunali, in quanto il d.P.R. n. 3 del 1957 reca l'approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, sicché il relativo art. 33, nel variare la percentuale massima di pignorabilità dal terzo al quinto dell'emolumento, non ha modificato anche la disciplina dettata per gli impiegati comunali dal d.P.R. n. 180 del 1950 ( che ha approvato il testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il è pignoramento e la cessione di stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni ), il cui art. 2 ( il quale, per i crediti alimentari dovuti per legge, prevede la pignorabilità "fino alla concorrenza di un terzo" delle retribuzioni nette corrisposte ai dipendenti - oltre che dello Stato - anche degli altri enti indicati nel precedente art. 1, tra cui appunto i Comuni ) non risulta al riguardo nemmeno inciso dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 89 del 1987, n. 878 del 1988 e n. 99 del 1993, tutte concernenti soltanto il n. 3 di tale articolo, ovvero concernenti l'intero primo comma del medesimo ma in relazione a crediti diversi da quelli alimentari ( Corte Cost. n. 506 del 2002 ), mentre, al contrario altre sentenze della Corte costituzionale hanno esteso la disciplina dell'art. 2, primo comma, n. 1, in questione facendo espresso riferimento, sempre a tutela di crediti alimentari, al limite di pignorabilità fino alla concorrenza di un terzo previsto da detta disposizione ( Corte Cost. n. 155 del 1987, Corte Cost. n. 1041 del 1988, nonché - seppure in termini impliciti - Corte Cost. n. 506 del 2002 ).
In tema di esecuzione forzata, il "simultaneo concorso delle cause" previsto dal secondo comma dell'art. 2 d.P.R. n. 180 del 1950 sta ad indicare la coesistenza, nello stesso tempo, di più crediti verso il debitore esecutato, derivanti da diverse cause tra quelle previste dal primo comma dell'art. 2 ( estese ad ogni credito dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 89 del 1987, n. 878 del 1988, n. 99 del 1993, n. 105 del 1977, n. 155 del 1987, n. 1041 del 1988, nonché - seppure in termini impliciti- da Corte Cost. n. 506 del 2002 ). Ne consegue che la disposizione in questione disciplina il limite di pignorabilità della retribuzione del debitore nell'ipotesi della simultanea esistenza di più crediti nei suoi confronti, situazione che si verifica anche quando una parte della retribuzione sia stata già assegnata a soddisfacimento futuro di un credito - il quale permane e viene pertanto a concorrere con il credito eventualmente insorgente successivamente verso lo stesso debitore -, e che prescinde dalla unicità del processo esecutivo, essendo al riguardo irrilevante che i creditori agiscano o meno nello stesso processo esecutivo.
L'ordinanza di assegnazione di un credito che non abbia il contenuto richiesto dal creditore procedente ( in ordine all'entità della somma oggetto dell'assegnazione ed alla sua decorrenza ), quale atto conclusivo del procedimento di esecuzione forzata per espropriazione di crediti ( e, per l'effetto, esso stesso atto esecutivo ) affetto da ( eventuale ) vizio, va impugnata con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi, mentre va impugnata con l'appello qualora abbia un contenuto, decisorio, diverso da quello suo proprio ed assuma il carattere sostanziale di una sentenza, incidendo su posizioni sostanziali di diritto soggettivo del creditore o del debitore, le quali integrano l'oggetto tipico di un procedimento di cognizione.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Presidente -
Dott. VITTORI Paolo - Consigliere -
Dott. LUPO Ernesto - rel. Consigliere -
Dott. MAZZA Fabio - Consigliere -
Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PR DO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA L MANTEGAZZA 24, presso il Sig. LUIGI GARDIN, difeso dall'avvocato GIUSEPPE LAPENNA, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
AN NA CI, PR AN VI, elettivamente domiciliati in ROMA VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 19, presso lo studio dell'avvocato FABIO FRANCESCO FRANCO, difesi dall'avvocato ARNALDO STEFANELLI, giusta delega in atti;
- controricorrenti -
nonché
contro
COMUNE DI BRINDISI;
- intimato -
avverso la sentenza n. 97/01 del Tribunale di BRINDISI, emessa il 27/02/01 e depositata il 27/02/01 (R.G. 416/00);
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/02/03 dal Consigliere Dott. Ernesto LUPO;
udito l'Avvocato Giuseppe LAPENNA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo MACCARONE che ha concluso per l'accoglimento del 1^ motivo ed in subordine per la dichiarazione della nullità della sentenza l'assorbimento degli altri motivi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 19 febbraio 2000 AN LU NC e ID PR NC proponevano tempestiva opposizione, ai sensi dell'art. 617 c.p.c., avverso l'ordinanza di assegnazione somme emessa ex art. 553 c.p.c. dal giudice dell'esecuzione del Tribunale di Brindisi, nell'ambito della procedura esecutiva presso terzi promossa dai ricorrenti contro il debitore esecutato TE PR e nei confronti del Comune di Brindisi, terzo pignorato. Gli opponenti deducevano l'illegittimità della detta ordinanza perché il giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto assegnare in pagamento dei crediti azionati nella procedura la retribuzione netta mensile percepita dal loro debitore a carico del Comune di Brindisi fino alla misura di un terzo, come previsto dagli artt. 1 e 2 del D.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180, mentre l'assegnazione era stata limitata ad un quinto della
retribuzione (per la somma mensile di L. 390.000), e con decorrenza dal mese successivo al 28 febbraio 2009 (anziché dal 26 gennaio 1999, data di notifica del pignoramento).
TE PR si costituiva deducendo l'inammissibilità dell'opposizione perché doveva essere proposto appello, e non opposizione agli atti esecutivi;
nel merito, sosteneva la legittimità dell'assegnazione di un quinto della retribuzione mensile netta perché già gravata da precedente pignoramento. Il Tribunale adito, con la sentenza depositata il 27 febbraio 2001, ha ritenuto ammissibile e fondata l'opposizione, annullando l'ordinanza di assegnazione somme. In particolare, per quanto attiene al merito, il Tribunale ha osservato che i crediti dei due opponenti erano di natura alimentare perché derivavano dalla sentenza dichiarativa della paternità naturale di TE PR nei confronti del figlio ID NC PR, onde per il loro soddisfacimento la retribuzione di TE PR era pignorabile fino ad un terzo e, nel caso di concorso con altri crediti, fino alla metà (art. 2 del citato D.P.R. n. 180/1950). Di conseguenza, la retribuzione mensile corrisposta dal Comune di Brindisi al dipendente TE PR, nella misura netta di L. 1.979.500, benché già gravata di pignoramento per L. 372.000 mensili con scadenza al 28 febbraio 2009, era assoggettabile ad esecuzione forzata fino ad ulteriori L. 617.750, ed illegittimamente l'ordinanza del giudice dell'esecuzione aveva limitato l'assegnazione alla misura di un quinto della retribuzione, con effetto dalla scadenza del precedente pignoramento, perché in tal modo era stata disconosciuta la tutela privilegiata accordata dal D.P.R. n. 180/1950 ai crediti alimentari. Il Tribunale riteneva, pertanto, che la procedura esecutiva dovesse tornare nello stato anteriore all'emissione dell'atto impugnato.
Avverso la sentenza del Tribunale di Brindisi TE PR ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo tre motivi, a cui AN LU NC e ID NC PR hanno resistito con controricorso.
Il ricorrente ha presentato, il 3 febbraio 2003, una memoria che, però, è inammissibile perché non è stato osservato il termine previsto dall'art. 378 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Dei tre motivi del ricorso è pregiudiziale, sotto l'aspetto logico-giuridico, quello (proposto come secondo motivo) con cui il ricorrente, deducendo la "erronea e falsa applicazione degli artt. 617 e 618 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., sostiene che
i vizi denunziati dalle controparti nell'ordinanza di assegnazione dovevano essere fatti valere con l'appello, perché consistevano nella "presunta lesione di diritti soggettivi", essendosi gli opponenti lamentati che la loro domanda di assegnazione era stata parzialmente rigettata. Di conseguenza, l'opposizione agli atti esecutivi doveva essere dichiarata inammissibile. Il motivo di ricorso è infondato.
Va qui ribadito l'orientamento di questa Corte secondo cui la contestazione dei criteri informatori dell'assegnazione al creditore procedente di una parte delle somme dichiarate dovute dal terzo pignorato al debitore a titolo di retribuzione per lavoro dipendente, relativa alla decorrenza dell'assegnazione stessa ed alla misura della percentuale assegnata, da luogo ad una opposizione agli atti esecutivi (Cass. 15 marzo 1980 n. 1752). Tale orientamento non si pone in contrasto con quello invocato dal ricorrente (v., tra le altre, Cass. 28 giugno 2000 n. 8813;
29 gennaio 1999 n. 796), secondo cui l'ordinanza di assegnazione di un credito, costituendo l'atto conclusivo del procedimento di esecuzione forzata per espropriazione di crediti (e costituendo, per l'effetto, essa stessa atto esecutivo), va impugnata con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi tutte le volte in cui si facciano valere vizi riferibili ai singoli atti esecutivi (ivi compresi quelli afferenti all'ordinanza stessa), ovvero con quello dell'appello, qualora essa abbia assunto carattere decisorio, per avere inciso su posizioni sostanziali di diritto