Cass. pen., sez. II, sentenza 11/12/2020, n. 35447

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 11/12/2020, n. 35447
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 35447
Data del deposito : 11 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sui ricorsi proposti nell'interesse di: RE NA, nata a [...] 1'1.6.1963, e di PI CC TA, nata a [...] il [...], contro la sentenza della Corte di Appello di Bologna del 16.11.2018;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Pierluigi Cianfrocca;
udito il PM, nella persona del sostituto procuratore generale dott. Alfredo Pompeo Viola, che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi;
uditi gli Avv.ti Nicola Mazzacuva e Mario Marcuz, nell'interesse, rispettivamente, di NA RE e di TA CC PI, che hanno concluso per l'accoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 18.7.2016, il Tribunale di Bologna aveva riconosciuto NA RE e TA PI CC responsabili dei fatti di reato loro rispettivamente ascritti (ovvero degli episodi di allontanamento ingiustificato dal posto di lavoro descritti al capo B per la prima ed al capo E per la seconda) ed aveva pertanto condannato la RE alla pena di anni 1 di reclusione ed Euro 1.000 di multa e la PI CC alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione ed Euro 1.300 di multa oltre al pagamento delle spese processuali, pene per entrambe condizionalmente sospese;
aveva inoltre condannato le imputate al risarcimento dei danni patiti dalla costituita parte civile rimettendone la liquidazione nella sede competente e nel contempo disponendo il pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 4.000 per la RE e di Euro 6.000 per la PI CC;
aveva infine liquidato le spese di costituzione e di assistenza;

2. la Corte di Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha assolto la RE per insussistenza del fatto in relazione agli episodi del 6.3.203, del 4.3.2013, del 20.3.2013 e del 29.5.2013 e la PI CC, per la stessa ragione, per gli episodi del 28.2.2013, dell'8.5.2013, del 22.5.2013 del 5.6.203 e del 21.6.2013;
ha pertanto rideterminato la pena in anni 1 di reclusione ed Euro 800 di multa per la RE ed in anni 1 e mesi 3 di reclusione ed Euro 1.100 di multa per la PI CC e ridotto la provvisionale nella misura di Euro 3.700 per la prima ed Euro 5.500 per la seconda;
ha confermato, nel resto, la sentenza impugnata con condanna alla rifusione delle spese sostenute dalla costituta parte civile nel grado;

3. ricorrono per cassazione i difensori di entrambe le imputate lamentando:

3.1 l'Avv. Nicola Mazzacuva per la RE:

3.1.1 inosservanza degli artt. 124, 177, 182 comma 2, 191, 235, 247 comma ibis, 348 e 354 comma 2 cod. proc. pen., 8 della legge 18.3.2008 n. 48;
mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione sulla asserita violazione di tali norme procedurali: rileva che la Corte di Appello, replicando lo stesso errore in cui era caduto il Tribunale, ha ritenuto i fogli mensili di presenza alla stregua di una prova documentale piuttosto che di una prova informatica;
sottolinea, a tal proposito, che certamente i fogli mensili di presenza rappresentano dati frutto della elaborazione di un sistema informatico dei dati acquisiti su "imput" del "badge" di ciascun dipendente e pertanto perfettamente rientranti nella nozione di "sistema informatico" adottato dalla Convenzione del Consiglio di Europa di Budapest del 2001 sulla criminalità informatica;
sottolinea il carattere non già meramente programmatico ma cogente delle disposizioni dettate in materia di acquisizione di dati informatici in quanto funzionali a garantire la conformità dei dati estratti ed acquisiti rispetto a quelli effettivamente elaborati dal sistema;
rileva, pertanto, l'erroneità delle considerazioni svolte dalla Corte territoriale in punto di attendibilità dei dati in questione;

3.1.2 inosservanza degli artt. 60, 99, 124, 192, 230, 233, 234bis, 327bis, 366, 501 comma 2, 598, 604 comma 5, 530, 533 e 546 cod. proc. pen. e difetto di motivazione su specifiche censure articolate in appello con riferimento al tema dell'"handover";
mancato accesso dei consulenti della difesa al sistema informatico "Sfera";
necessità di improntare le indagini a criteri scientifici rigorosi;
contraddittorietà e illogicità della motivazione in quanto fondata su "conoscenze notorie": riporta due passi della sentenza impugnata (relativi all'aggancio della cella telefonica non necessariamente più vicina ma, nel contempo, altrettanto necessariamente non troppo lontana) segnalandone la contraddittorietà in quanto fondati sulla supposta esistenza di conoscenze diffuse e sul fatto notorio che non possono ritenersi invece riguardare l'effettivo funzionamento del c.d. "handover" dovendo comunque darsi per pacifico che un telefono non aggancia sempre la "cella" più vicina ma quella che consente la migliore trasmissione del segnale;
segnala la considerazione della Corte di Appello sull'estensione dell'area di operatività di una cella quale indicata dai consulenti sottolineando come i giudici del gravame avessero omesso la considerazione di un dato pure indicato nelle relazioni;
ribadisce, quindi, la mancanza di ogni rigore scientifico nelle valutazioni della Corte contrastanti con dati acquisiti dalla letteratura del settore;
mancando di esaminare il dato dell'"handover", rileva che la sentenza si fonda in realtà su mere congetture e ragionamenti ipotetici;

3.1.3 inosservanza degli artt. 124, 189, 192, 234 e ssgg., 598, 604 comma 5, 530, 533 e 546 cod. proc. pen. nonché vizio di motivazione nella parte in cui non viene considerato lo "scarto temporale" tra l'orologio della UR e quello del gestore telefonico;
segnala la contraddittorietà della motivazione che, per un verso, ha considerato irrilevante lo scarto temporale tra l'orologio della UR e quello dell'operatore telefonico e, dall'altro, lo ha invece considerato rilevante per ritenere insussistenti alcune delle contestazioni;
segnala che i consulenti avevano quantificato questo scarto in 4 minuti, ovvero in termini in assoluto non certo irrilevanti;
osserva che la Corte è pervenuta alla conferma della penale responsabilità dell'imputata sulla base di considerazioni contrastanti con qualsivoglia parametro di realtà empirica risultando, ad esempio, che in alcuni episodi gli agganci delle celle telefoniche finirebbero per disegnare degli spostamenti troppo veloci e repentini incompatibili con il traffico cittadino e le limitazioni imposte nel centro storico di Bologna;
segnala che la Corte non ha chiarito nemmeno con quale mezzo la ricorrente si muovesse;
espone alcuni esempi di spostamenti che, stando alle celle impegnate, sarebbero del tutto inverosimili per i tempi;
richiama l'episodio del 21.2.2013 spiegando che non era stato considerato lo scarto temporale di 4 minuti tra i due sistemi di rilevamento orario e che avrebbe imposto anche in tal caso, come in altri, l'applicazione del principio del "favor rei";
denunzia l'irrazionalità della decisione in cui, talvolta, la Corte è pervenuta alla assoluzione proprio sulla possibilità di un c.d. "handover" tra celle del centro storico e celle immediatamente confinanti non pervenendo tuttavia alle medesime conclusioni quanto all'episodio del 13.3.2013, con una motivazione illogica e contrastante con le premesse;
svolge analoghe considerazioni quanto all'episodio n. 11 dove la responsabilità dell'imputata è stata affermata sulla scorta di una chiamata di 2 minuti prima della timbratura e di una seconda chiamata di 8 di minuti dopo la cessazione dell'orario di ufficio;
sottolinea, dunque, come la ricostruzione offerta dalla Corte mostra la mancanza di una probabilità statistica come anche di una probabilità logica profilandosi l'esistenza di un dubbio non irragionevole che avrebbe dovuto indirizzare verso la assoluzione della ricorrente tenuto conto che, dal punto di vista logico, la prova della colpevolezza non può dirsi nel caso di specie fondata sull'ausilio di leggi scientifiche alla luce delle peculiarità del caso concreto, come richiesto dalla giurisprudenza della Corte che, per altro verso, esclude la portata probatoria piena della c.d. "geolocalizzazione";

3.1.4 inosservanza degli artt. 42, 43 e 640 cod. pen., 124, 192, 194 e ssgg., 530, 533, 539 e 546 cod. proc. pen., 17 comma 30ter del DL 78/2009 convertito in I. 25 marzo 2010 n. 97;
difetto di valutazione delle risultanze del procedimento disciplinare, contraddittorietà ed illogicità tra gli esiti della decisione e le prove testimoniali acquisite: rileva che la decisione assunta dalla Corte di Appello non ha affrontato il profilo del "danno ingiusto" alla luce della pacifica archiviazione del procedimento disciplinare che non può essere sminuito sulla sola considerazione, di natura formale, della indifferenza procedurale tra i due ambiti;
richiama ancora gli esiti del procedimento disciplinare sottolineando come nessuna prova sia stata offerta circa la diminuzione o alterazione del servizio cui la ricorrente era preposta tenuto conto che costei era impegnata in una attività a diretto contatto con il pubblico e non considerando la testimonianza della propria collega;
quanto alle statuizioni civilistiche, censura la sentenza impugnata per essersi discostata dalla giurisprudenza della S.C. che confina l'azione per il risarcimento dei danni alla immagine ai soli delitti contemplati nel capo I, titolo II, del libro II del codice penale.

3.2 l'Avv. Mario Marcuz per la PI CC:

3.2.1 violazione di legge con riferimento all'art. 429 cod. proc. pen.: richiama l'eccezione già sollevata con l'atto di appello segnalando la erroneità della decisione della Corte territoriale dal momento che, nel capo di imputazione, era stata indicata, genericamente, la "utenza" sulla localizzazione della quale si era ascritto all'imputata di non essere presente sul posto di lavoro;
contesta, inoltre, la correttezza della argomentazione della Corte secondo cui tale circostanza non aveva impedito alla ricorrente di difendersi attribuendo la utilizzazione dell'utenza ad altri in tal modo, tuttavia, invertendo l'ordine delle cose avendo la PI CC articolato le sue difese sulla base della utenza che le era stata attribuita dagli

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