Cass. pen., sez. V, sentenza 05/01/2023, n. 00186

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 05/01/2023, n. 00186
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 00186
Data del deposito : 5 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: CO PE nato a Montecalvo in [...] il [...] CO RO nato a [...] il [...] LL OR DI nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 22/01/2021 della CORTE APPELLO di ANCONAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Grazia Rosa Anna Miccoli;
udito il Sostituto Procuratore Generale, nella persona della dott. Francesca Ceroni, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi. uditi i difensori: - avv. Stefania Farnetani, in difesa della parte civile Mohammed MA GIn, in proprio e quale legale rappresentante della LY YB RO & ST NY, la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese;
- avv. Andrea Casula, in difesa di BE RU, anche in sostituzione dell'avv. Lucio Monaco e dell'avv. BE Tonti (quest'ultimo difensore di SE RU, il quale ha insistito nella richiesta di accoglimento dei ricorsi.-. .

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 22 gennaio 2021 la Corte di appello di Ancona ha confermato la pronunzia di primo grado, emessa in data 2 maggio 2019 dal UN di Pesaro, con la quale RU BE e RU SE erano stati ritenuti responsabili dei reati rispettivamente ascritti ai capi B (bancarotta fraudolenta patrimoniale), C (bancarotta fraudolenta documentale) ed E (omessa dichiarazione dei redditi);
con la stessa sentenza SA BO DI era stato ritenuto responsabile del reato di bancarotta documentale contestato al capo C.

1.1 I fatti oggetto delle imputazioni afferiscono al fallimento (dichiarato con sentenza del 18 febbraio 2014) della società TECNOBRUM s.r.l. e sono stati ascritti a: RU BE nella qualità di rappresentante legale dal 5 ottobre 2005 al 27 dicembre 2011, socio amministratore e co-liquidatore di fatto;
RU SE nella qualità di liquidatore dal 27 dicembre 2011 al 11 novembre 2012 e co-amministratore di fatto;
SA BO DI nella qualità di liquidatore dal 12 novembre 2012 al 28 gennaio 2013 (la società fallita è stata cancellata dal registro delle imprese in data 18 febbraio 2013). Con la sentenza di primo grado è stato assolto RU GI LU (rispettivamente figlio e fratello di SE e BE RU), al quale tutti i reati erano stati ascritti, in concorso, nella sua qualità di co-amministratore di fatto.

1.1.1. La bancarotta patrimoniale (capo B) è stata contestata per la distrazione della somma considerata "provento del reato di truffa" in danno della società libica LY YB RO & ST NY (per abbreviazione, CO), ascritto originariamente al capo A) e in relazione al quale era stata emessa sentenza ex art. 425 cod. proc. pen. all'esito dell'udienza preliminare, essendo decorso il termine prescrizionale (i fatti oggetto della imputazione di truffa sono stati analizzati dalla sentenza di appello a pagg. 35 -42).

1.1.2. La bancarotta documentale (capo C) è stata contestata per avere occultato «con Io scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, i libri o le altre scritture contabili della società fallita rendendo, quindi, di fatto impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari da parte della Curatela».

1.1.3. RU BE e RU SE sono stati condannati anche per il reato di cui all'art. 5 d.lvo 74/2000 (capo E) per aver omesso di presentare la dichiarazione dei redditi per l'anno di imposta 2012, «essendo l'imposta evasa pari a euro 1.630.939,20 (imponibile di euro 5.930.688 - aliquota applicata 27,50%), superiore pertanto ad euro 50.000,00».

2. Avverso la suindicata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione BE RU, con atto sottoscritto dai difensori avvocati Lucio Monaco e Andrea Casula e articolato in otto motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione di legge e correlati vizi motivazionali in relazione alla ritenuta infondatezza delle eccezioni preliminari proposte con l'atto di appello ed alle relative questioni di rito.

2.1.1. Il ricorrente si duole dell'avvenuta acquisizione agli atti del fascicolo dibattimentale del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di FIanza nei confronti della società NO. Nell'atto di appello si era rilevato come si versasse in una ipotesi sui generis di redazione del processo verbale di constatazione, formato in seguito all'acquisizione delle risultanze delle indagini penali di questo stesso procedimento, come espressamente indicato nell'atto in questione, in tal modo invertendo l'ordine fisiologico di ordinario svolgimento dell'accertamento e violando quindi i principi che la giurisprudenza di legittimità ha affermato sull'utilizzabilità di atti di accertamento svolti autonomamente in sede amministrativa. Censurando i passaggi motivazionali con i quali la Corte d'appello ha rigettato l'analoga eccezione proposta con l'impugnazione, il ricorrente evidenzia come l'acquisizione del processo verbale di constatazione era stata espressamente contestata dalla difesa e che, non avendo la stessa difesa mai prestato il consenso al suo utilizzo, l'atto debba ritenersi inutilizzabile. Inconferenti, poi, sarebbero le ulteriori argomentazioni della sentenza d'appello in merito alla rilevanza, quali riscontri, di altri "documenti" acquisiti. Il ricorrente, inoltre, censura le argomentazioni della sentenza nella parte in cui attribuisce al processo verbale di constatazione "natura complessa" e nella parte in cui fa riferimento alle "ulteriori evidenze" che ne confermerebbero il contenuto. Nella sentenza non v'è alcuna analitica o quantomeno specifica indicazione delle parti dell'atto ritenute utilizzabili in quanto confermate da ulteriori riscontri e di quelle che invece rimarrebbero non pienamente utilizzabili. Il percorso motivazionale così delineato si caratterizza, secondo il ricorrente, per la sua genericità, essendo specifico l'onere del giudice del merito di indicare, in relazione a ciascun segmento del giudizio di responsabilità formulato per le distinte condotte, quali evidenze diverse dal processo verbale di constatazione (ovvero quali parti ritenute utilizzabili) potessero richiamarsi a sostegno delle ipotesi di accusa.

2.1.2. Sotto altro profilo il ricorrente propone censure in ordine all'utilizzabilità della consulenza tecnica del pubblico ministero redatta dal dott. Spalluto. La Corte territoriale ha ritenuto inammissibili le analoghe censure proposte con l'atto di appello in quanto del tutto generiche e tardive. Il ricorrente contesta tale giudizio, sostenendo che si era formulata specifica ed articolata censura in ordine alla circostanza che il consulente avesse ricevuto un mero incarico ai sensi dell'art. 359 cod. proc. pen., sicché doveva ritenersi erronea l'indicazione nelle produzioni del pubblico ministero del 14 giugno 2018 di atti "rinvenuti nel corso della consulenza tecnica ex articolo 360 c.p.p.". L'acquisizione al fascicolo del dibattimento delle due relazioni in questione non poteva dunque ritenersi legittima in difetto di consenso manifestato dalla difesa. Infatti, se l'atto fosse stato di natura irripetibile, esso avrebbe dovuto svolgersi con le garanzie di legge dell'articolo 360 cod. proc. pen., il che non è avvenuto. Se invece l'atto fosse da ritenersi di natura ripetibile, esso non avrebbe potuto essere acquisito nel fascicolo del dibattimento, senza esaminare il consulente o senza il consenso delle parti. Quanto alla ritenuta "intempestività" della eccezione, il ricorrente deduce che essa non fa riferimento ad una nullità bensì al regime delle inutilizzabilità, così come previsto dall'articolo 191 comma 2 cod. proc. pen.

2.1.3. Sulle questioni relative alle "produzioni documentali" il ricorrente censura la motivazione della sentenza impugnata come formulata a pagina 33. Sostiene che il tema è stato del tutto frainteso dalla Corte territoriale giacché il consenso alla acquisizione di tali documenti non è mai stato prestato dalla difesa e, di conseguenza, ove l'atto acquisito non sia utilizzabile per sua natura o ai sensi di legge, ma solo con l'accordo delle parti, tale accordo non può mai ritenersi intervenuto su atti diversi da quelli indicati nell'articolo 431 cod. proc. pen.

2.1.4. Censure sono formulate anche in ordine al rigetto dell'eccezione di violazione dell'art. 521 cod. proc. pen. La Corte territoriale (pagg. 33-35 della sentenza di appello) ha ritenuto infondata l'analoga questione, proposta con l'atto di appello, in quanto l'ipotesi accusatoria trasfusa nei capi A) e B) d'imputazione non ha subito alcuna sostanziale modifica o alterazione all'esito del giudizio e nella sentenza di primo grado, che «ha dichiarato gli imputati colpevoli di essersi appropriati dell'illecito profitto derivante dalla truffa perpetrata ai danni di CO (detratti i costi dell'operazione e gli altri impieghi di denaro che in qualche modo sono stati ritenuti leciti e/o giustificati) nei medesimi termini di cui alla contestazione, sul pacifico rilievo che tale denaro non è stato rinvenuto nelle casse sociali al momento del fallimento e, anzi, secondo la tesi sviluppata dalla stessa difesa dell'imputato SE RU, era già integralmente mancante quando la società è stata posta in liquidazione». Il ricorrente sostiene che le modalità delle condotte descritte nel capo A concernevano fatti storici (comunque appropriativi) diversi da quelli poi emersi nel dibattimento (asseritamente distrattivi) e indicati nella sentenza di primo grado. Le modalità delle condotte contestate sono emerse solo nel corso dell'istruttoria dibattimentale e, quindi, in sentenza, giacché il "profitto distratto" è stato determinato solo sulla base delle dichiarazioni di un teste, il quale ha inteso espungere talune voci dal diverso calcolo contenuto nel processo verbale di constatazione acquisito agli atti. Assume il deducente che non si versa in ipotesi di diversa qualificazione di un fatto storico comunque individuato, ma della deliberata omissione nella contestazione del dato storico poi indicato in sentenza quale condotta di reato;
la penale responsabilità per la condotta distrattiva è stata affermata non in quanto commessa con le modalità dei fatti indicati nel capo A), relative all'incameramento delle somme versate da CO, ma in quanto commessa con numerose distinte movimentazioni bancarie, con cui si sarebbe realizzata la diversa condotta di "dispersione" delle somme stesse, anzi, neppure di tutte, ma di quelle che in larga parte sarebbero appunto state distratte.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso si denunziano violazione di legge e correlati vizi motivazionali in ordine alla mancata assunzione di prova indicata come decisiva, nonché travisamento della prova anche per omissione in relazione la ritenuta sussistenza del reato di truffa contestato nel capo A), reato dichiarato estinto per prescrizione ma ritenuto rilevante per la disamina dell'intera vicenda processuale.

2.2.1. Il ricorrente evidenzia come il giudice d'appello abbia del tutto frainteso le argomentazioni difensive e abbia omesso di pronunziarsi su molteplici riscontri di natura decisiva. Vengono, pertanto, svolte specifiche censure al percorso motivazionale seguito nella sentenza impugnata, analizzando tutti i profili di fatto cui ha fatto riferimento la Corte territoriale per ritenere provata la condotta truffaldina. In ordine al profilo della regolarità della documentazione accompagnatoria, il ricorrente evidenzia come i rilievi effettuati dalla Corte di appello siano del tutto inconferenti rispetto alla prova dell'invio preordinato e doloso di merce di quantità e qualità incompatibili con gli accordi intercorsi, che prevedevano anche il montaggio delle componenti industriali in questione.

2.2.2. Assume, altresì, il ricorrente che v'è stato un travisamento della prova per omissione, perché v'è in atti uno specifico riscontro in ordine all'ammontare dei costi sostenuti per la realizzazione sul cantiere libico di consistenti opere, riscontro menzionato nei motivi di appello ma del tutto pretermesso dalla Corte territoriale. Inoltre, il ricorrente si duole della mancata escussione dei testimoni (MO H. Nowara e ON ZA) indicati nella lista a suo tempo ritualmente depositata in atti, nonché della mancata adozione di provvedimenti istruttori in grado di appello ai sensi dell'articolo 603 cod. proc. pen.

2.2.3. Quanto al profilo della mancanza di conformità del contenuto dei container inviati dalla NO, il ricorrente evidenzia come le argomentazioni della sentenza impugnata siano frutto di errori valutativi, non avendo la Corte territoriale neppure esattamente inteso i termini delle censure proposte e i riferimenti all'evidenza disponibile, per poi sviluppare sul tale presupposto - e sul diniego di attività istruttoria pure richiesta dall'imputato- passaggi argomentativi del tutto illogici. Sostiene il ricorrente che né le fotografie (di minima parte dei materiali rinvenuti, omettendo invece il deposito di documentazione allegata al verbale ispettivo, ma mai depositata in atti nel corso dei due giudizi di merito), né le deposizioni testimoniali possono comprovare la fondatezza obiettiva dell'addebito. D'altronde, l'ispezione sul contenuto dei container (alcuni dei quali trovati aperti) fu eseguita dopo che questi ultimi erano rimasti a lungo nel porto libico, interessato da un conflitto bellico.

2.2.4. Sostiene altresì il ricorrente che la Corte di appello ha frainteso il dato relativo al calcolo dei costi della merce come effettuato dalla Guardia di finanza, non avendo neppure analizzato il testo del contratto concluso, affermando che esso non andava tradotto, in quanto non necessario ai fini della decisione. In tal modo non si è considerato che il contratto concerneva la realizzazione in loco, previa fornitura dei materiali, di un complesso impianto idrico e, dunque, che oggetto del contratto erano prestazioni di fornitura di materiali, montaggio e installazione degli stessi. Ribadisce inoltre sul punto che molte delle possibili allegazioni difensive sulla effettività delle prestazioni sono state inibite dalla mancata escussione dei testimoni indicati nella lista depositata nel corso del giudizio di primo grado.

2.2.5. Sempre in ordine alla difformità dei beni contenuti nei container, il ricorrente evidenzia l'illogicità della motivazione in quanto non v'è alcuna ragione per cui la NO avrebbe dovuto inviare "materiali di scarto" in luogo di quelli oggetto dell'accordo. Peraltro, vi sarebbe la prova storica per cui può sostenersi che alcuni dei materiali in questione costituivano beni che dovevano servire semplicemente ad allestire le postazioni e gli uffici di cantiere, così come documentato dalle fatture allegate (all. n. 62) al processo verbale di constatazione.

2.3. Con il terzo motivo si denunziano violazione di legge e vizi motivazionali, nonché la mancata assunzione di prova decisiva e travisamento della prova, anche per omissione, in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di bancarotta distrattiva.

2.3.1. Ancora una volta il ricorrente si duole della mancata assunzione delle prove testimoniali richieste anche con riferimento ai costi sostenuti dalla NO, ove si consideri che i giudici di merito avrebbero argomentato sul punto "per approssimazione".

2.3.2. Il ricorrente censura la motivazione della sentenza d'appello nella parte in cui ha ritenuto non giustificate le somme di denaro erogate in favore di OH NK: si fa riferimento all'importo di euro 1.490.000,00, proveniente dal finanziamento erogato dalla Banca Commerciale Sammarinese e che è stato restituito da NO con i proventi derivanti da CO. Il deducente assume che dall'istruttoria dibattimentale sarebbe emersa la prova della "causale" dei versamenti effettuati in favore di OH NK, avendo questi (deposizione del teste OR) svolto la funzione di intermediario nel complesso "affare CO";
nessun rilievo sul punto avrebbe invece la circostanza che la persona offesa OH MA GI non lo abbia personalmente conosciuto, giacché egli non rivestiva alcun incarico al momento della conclusione del contratto tra CO e NO. Sul punto la Corte territoriale ha travisato le dichiarazioni rese in dibattimento da OH MA GI, che, dopo aver riferito di non aver conosciuto NK, aveva evidenziato di aver provato a "indagare...in Libia" e di non aver trovato alcuno che lo conoscesse.

2.3.3. Ulteriori censure sono articolate in ordine alla motivazione sui rapporti con la società EL e sui pagamenti effettuati in favore di quest'ultima. Si fa riferimento a bonifici per complessivi euro 3.007.764,65, secondo i giudici di merito "apparentemente" effettuati in pagamento della fattura n. 28 del 22/2/2008 emessa da EL s.r.l. per vendita di materiale ed accessori di telefonia per un importo di euro 3.087.201,45 (più IVA per euro 617.440,29). Assume il ricorrente che la vicenda EL, oltre ad essere di molto precedente rispetto a quella CO (e, dunque, irragionevolmente ricollegabile ad essa), è già stata oggetto di una precedente decisione giudiziale, che non ne ha accertato l'illiceità: si tratta della sentenza del UN di Pesaro n. 30/2018, che ha dichiarato non doversi procedere per prescrizione con riferimento all'ipotizzata violazione dell'art. 2 D.L.vo 74/00 riferita all'emissione della fattura EL n. 28/2008 e ha assolto dal reato di cui all'art. 11 DL 201/2011, con conseguente riconoscimento della genuinità della menzionata fattura. Deduce, altresì, il ricorrente che, alla stregua delle prove acquisite, è emerso che era stata effettivamente effettuata la fornitura di materiale di telefonia e che fossero quindi giustificati i relativi pagamenti operati da NO in favore della fornitrice EL. Quanto al primo aspetto, infatti, non sono state considerate le

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