Cass. pen., sez. II, sentenza 14/08/2019, n. 36106

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 14/08/2019, n. 36106
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 36106
Data del deposito : 14 agosto 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da FA AN RO OM, nato a [...] il [...] UD ES, nato a [...] il [...] SA OR NI, nato a [...] il [...] LO LO, nato a [...] il [...] CO NI, nato a [...] il [...] TI ES, nato a [...] il [...] ES ZO, nato a [...] il [...] avverso la sentenza n. 297/2018, emessa dalla Corte d'Appello di Reggio Calabria il 7.2.2018 Visti gli atti, la sentenza e i ricorsi;
Udita nella pubblica udienza del 16.4.2019 la relazione fatta dal Consigliere Giuseppina Anna Rosaria Pacilli;
Udito il Sostituto Procuratore Generale in persona di Luigi Birritteri, che ha concluso chiedendo dichiarare l'inammissibilità dei ricorsi;
Uditi i difensori: Bruno Poggio, in sostituzione dell'avv. ES Calabrese, difensore di VA CA CI NI, BU ES e ES FO AN;
l'avv. ES Iacopino, difensore di AV CA;
l'avv. AR Santambrogio, difensore di PE NZ;
l'avv. Demetrio ES Floccari, difensore di OT ES;
l'avv. Antonio Managò, difensore di TR NT, che hanno concluso chiedendo l'accoglimento dei rispettivi ricorsi

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 27 febbraio 2018 la Corte d'appello- di Reggio Calabria, in- riforma della sentenza emessa il 7 marzo 2016 dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale della stessa città, dichiarate inammissibili le costituzioni di parte civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero degli Interni e della Regione Calabria, ha assolto LO LO dal reato contestato al capo C), per non aver commesso il fatto;
previa esclusione per tutti gli imputati, ai quali sono state contestate, delle aggravanti di cui all'art. 416 bis, comma 6, c.p. e all'art. 629, in relazione all'art. 628, comma 3 n. 3, c.p., ha rideterminato le pene per LO LO, previo riconoscimento della continuazione con il reato giudicato con sentenza della Corte d'appello di Milano del 15 giugno 2012, per UD ES, CO NI, FA AN RO OM, TI ES, TI EP e SA OR NI, previa riqualificazione per questi ultimi due imputati del reato contestato al capo A) nella fattispecie di cui agli artt. 110 e 416 bis c.p. Ha confermato nel resto e condannato ES ZO al pagamento delle spese processuali del grado e gli appellanti alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili. Secondo i giudici di merito, dagli accertamenti della Polizia giudiziaria, dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia e di alcune persone offese nonché da un imponente compendio di intercettazioni era emersa la commissione di reati di usura, svolta con l'utilizzazione dei proventi dell'attività illecita di una cosca della 'ndragheta, e di estorsione con modalità mafiose in danno di imprenditori AR (ST GO e RG AB) e AL (PE AN e ES De TO). Erano emersi, altresì, reati di lesioni personali e di esercizio abusivo del credito. Avverso la sentenza d'appello hanno proposto ricorsi per cassazione i difensori degli imputati (ad eccezione di IS PE). FA AN RO OM - ritenuto responsabile dei reati di cui ai capi B (usura ai danni di ST GO);
C (estorsione);
D (usura ai danni di AB RG);
E (estorsione);
F (lesioni personali);
G (tentata violenza privata);
I (usura ai danni di AN PE EL);
L (usura ai danni di De TO ES);
M (esercizio abusivo del credito) - per mezzo del suo difensore ha dedotto i seguenti motivi: 1) violazione di legge e vizi della motivazione della sentenza impugnata con riferimento agli artt. 21, c. 2, 438, 484, 491 c.p.p.;
3, 24, c. 2, 111 Cost. e 6 § 2 CEDU. I giudici di merito, al fine dell'individuazione della competenza territoriale, avrebbero erroneamente ritenuto esistente la vis attractiva del reato associativo anche rispetto ai reati più gravi, trascurando di considerare che la vis attractiva opererebbe solo nel confronto tra un'associazione, rientrante nel novero di quelle di cui all'art. 51 c. 3 bis c.p.p.-, ed altra contestazione che, pur ad es. riportando una pena edittale massima più alta, non vi rientri. Nel caso in esame, invece, le ulteriori contestazioni, da porre a raffronto con quella associativa, rientrerebbero anch'esse nell'ambito applicativo dell'art. 51 c. 3 bis c.p.p., essendo condotte estorsive aggravate dall'art. 7 L. 203 del 1991. Residuerebbe, pertanto, l'unico criterio di discrimine stabilito dall'art. 16 c.p.p., con conseguente radicamento della competenza territoriale in Milano, luogo del reato di cui al capo C) della rubrica, commesso per prima. Errato sarebbe anche il riferimento al meccanismo di attribuzione della competenza al giudice del capoluogo del distretto di Corte d'appello, venendo in rilievo più distretti di Corte d'appello. Del pari, sarebbe errato il rilievo sulla non proponibilità dell'eccezione, in quanto non riproposta in limine al giudizio abbreviato. Ciò in quanto quest'ultimo giudizio sarebbe per sua natura privo della fase deputata alla proposizione di questioni, eccezioni nuove e diverse rispetto a quelle già sollevate in udienza preliminare, sicché tali eccezioni dovrebbero essere sollevate con i motivi d'appello e di cassazione;
2) violazione di legge e vizi della motivazione della sentenza impugnata con riguardo agli artt. 644 e 49, c. 2, c.p., 546, c. 1 lett. e), e 192, c. 3, c.p.p. sub capi B) e D). Secondo il ricorrente, il giudice di merito non avrebbe sottoposto ad un rigoroso vaglio di attendibilità le dichiarazioni della persona offesa ST GO, fonte di accusa in relazione alle fattispecie contestate ai capi B) e D) ma anche C), che avrebbe avuto tutto l'interesse e la convenienza a ricorrere alla denuncia di aver subito richieste usurarie, essendo la sua società in condizioni disastrate, e che avrebbe egli stesso ammesso di avere effettuato operazioni di riciclaggio. Per di più, l'inattendibilità delle menzionate dichiarazioni si sarebbe dovuta cogliere nel fatto che sarebbe illogico ritenere che i presunti usurai si fossero adagiati a stipulare patti creditori con la persona offesa, che era in una situazione di dissesto economico, confluita nell'impossibilità di far fronte alle pretese usurarie di un altro gruppo criminale. La Corte d'appello, inoltre, non avrebbe fatto uso delle regole della comune esperienza nell'esaminare le dichiarazioni della persona offesa, essendo inimmaginabile secondo l'id quod plerumque accidit, ad es., che un imprenditore come l'ST avesse affidato la gestione di un ramo delle proprie attività al VA, dopo aver avuto con quest'ultimo un incontro estemporaneo ed averlo conosciuto come soggetto violento, che già avanzava pretese creditorie di natura usuraria nei riguardi di AV CA. Le dichiarazioni della persona offesa, poi, non troverebbero conferma nel propalato di IS PE né in quello di AV CA mentre sarebbero del tutto neutre le circostanze che trovavano conferma nelle intercettazioni compiute.Peraltro, la Corte territoriale avrebbe errato nel non ritenere la persona offesa quale imputato di procedimento connesso-e nel glissare sul fatto che ella sarebbe stata ritenuta poco credibile nel procedimento a carico del gruppo di Lonate;
3) violazione di legge e vizi della motivazione della sentenza impugnata con riferimento agli artt. 56 e 629, c. 2, c.p. sub capo C), per avere la Corte territoriale ritenuto attendibile la persona offesa, che avrebbe reso, però, dichiarazioni prive di riscontri, e per avere ritenuto consumato il delitto di estorsione di cui al capo C), pur se la stessa persona - ove meritasse di essere considerata - avrebbe affermato che il vantaggio patrimoniale, cui era tesa la perpetrazione delle minacce, non si era realizzato;
4) violazione di legge e vizi della motivazione della sentenza impugnata con riguardo agli artt. 644, 629 e 582-585 c.p. in relazione ai capi D), E) e F). Secondo il ricorrente, ove si ritenesse che la sua condotta e quella dei suoi correi fosse stata caratterizzata dalla violenza, anche fisica, i reati di estorsione e di lesioni dovrebbero considerarsi assorbiti in quello di usura. Di contro, la Corte d'appello avrebbe errato nel ritenere il concorso dei reati, in contrasto con i principi del giudice della legittimità, secondo cui i due reati concorrono se la violenza o minaccia sia usata al fine di ottenere il pagamento dei pattuiti interessi o degli altri vantaggi usurari (Rv 243283);
5) violazione di legge e vizi della motivazione della sentenza impugnata relativamente all'art. 132 D. L.gs 1 settembre 1993, n. 385, ritenuto sussistente nonostante il carattere non professionale dell'attività e la limitatezza dei soggetti destinatari;
6) violazione di legge e vizi della motivazione della sentenza impugnata con riguardo all'aggravante di cui all'art. 7 L. n. 203/1991, ritenuta sussistente nonostante al ricorrente non fosse stato contestato l'art. 416 bis c.p. e nel procedimento Reggio Nord non fosse stato considerato concorrente esterno;
7) violazione di legge e vizi della motivazione della sentenza impugnata in ordine agli artt. 62 bis e 133 c.p., avendo la Corte d'appello fatto anche riferimento ad una posizione di centralità del VA, senza però spiegare in cosa consistesse. UD ES - ritenuto responsabile dei reati di cui ai capi D (usura ai danni di AB RG);
E (estorsione);
F (lesioni personali) - per mezzo del suo difensore ha dedotto i seguenti motivi: 1) violazione di legge e vizi della motivazione della sentenza impugnata con riferimento agli artt. 21, c. 2, 438, 484, 491 c.p.p.;
3, 24, c. 2, 111 Cost. e 6 § 2 CEDU. I giudici di merito, al fine dell'individuazione della competenza territoriale, avrebbero erroneamente ritenuto esistente la vis attractiva del reato associativo anche rispetto ai reati più gravi, trascurando di considerare che la- vis attractiva opererebbe solo nel confronto tra un'associazione, rientrante nel novero di quelle di cui all'art. 51 c. 3 bis c.p.p., ed altra contestazione che, pur ad es. riportando una pena edittale massima più alta, non vi rientri. Nel caso in esame, invece, le ulteriori contestazioni, da porre a raffronto con quella associativa, rientrerebbero anch'esse nell'ambito applicativo dell'art. 51 c. 3 bis c.p.p., essendo condotte estorsive aggravate dall'art. 7 L. 203 del 1991. Residuerebbe, pertanto, l'unico

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