Cass. pen., sez. II, sentenza 05/06/2020, n. 17214

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 05/06/2020, n. 17214
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17214
Data del deposito : 5 giugno 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: NA LE nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 01/02/2018 della CORTE APPELLO di NAPOLIvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LUCIA AIELLI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ELISABETTA CENICCOLA che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. udito il difensore avvocato GIANNONE MAURIZIO, in difesa di NA LE che si è riportato ai motivi di ricorso e ne ha chiesto l'accoglimento con annullamento con rinvio della sententa impugnata ;
udito il difensore avvocato D'ISA CLAUDIO, in difesa di NA LE che ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Premesso in fatto 1. La Corte d'appello di Napoli con sentenza del 1° febbraio 2018, riformando parzialmente la sentenza del Tribunale di SA IA UA ER del 19 dicembre 2014, ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di cui all'art.378 c.p. (capo F) e rideterminato la pena inflitta a LE SA in ordine ai restanti reati di cui agli artt. 372, aggravato dall'art. 7 D.L. 152/1991, (capo E) e 416 bis c.p. (capo G) in anni dieci e mesi otto di reclusione. Le sentenze di primo e secondo grado - condividendo la lettura del materiale probatorio ed in particolare valorizzando il contenuto delle conversazioni intercettate in occasione di colloqui intercorsi tra l'avvocato LE SA e il suo assistito SC GN, detenuto in regime di 41 bis 0.P., in carcere e soprattutto nel corso delle udienze tenute in videoconferenza nonché le plurime, convergenti, dichiarazioni dei collaboratori di giustizia - hanno accertato che l'avvocato SA sfruttando il suo mandato difensivo, fungendo da stabile messaggero di informazioni tra il capo clan ed i suoi accoliti, nonché prevenendo, frustrando o comunque tenendo sotto controllo le iniziative di alcuni di costoro di collaborare con la giustizia, sviando le indagini e "aggiustando" processi, con mezzi diversi da quelli processuali, partecipasse attivamente al sodalizio criminoso denominato "clan dei casalesi". In Casal di Principe ed altri Comuni con condotta perdurante. Oltre alla fattispecie associativa il SA è stato altresì ritenuto responsabile del delitto di cui all'art. 372 c.p. per la vicenda relativa alla falsa testimonianza di PE AR, sollecitata dall'avvocato SA nella qualità di difensore di ST La TO e volta a creare una falsa prova d'alibi a favore di quest'ultimo, imputato in altro procedimento per un duplice omicidio, oltre che del delitto di cui all'art. 378 c.p. (dichiarato estinto per prescrizione in appello) in quanto attraverso la preordinazione della falsa prova d'alibi e minando la credibilità del collaboratore di giustizia DA De SI che aveva reso numerose, precise dichiarazioni a carico del predetto La TO, capo dell'omonimo clan, ostacolava le indagini dell'Autorità giudiziaria, reati questi ultimi entrambi aggravati dalla finalità di agevolare il clan camorristico capeggiato dal La TO.

2. Avverso la sentenza di appello il SA ha proposto ricorso per cassazione per mezzo degli avvocati Rizìero Angeletti e Mauro Iodice (ricorso depositato il 17/10/2018), mentre l'avv. Maurizio Giannone, nominato il 12 giugno 2019 in unione con l'avvocato Angeletti (e revoca di ogni altro difensore), ha depositato in data 14 giugno 2019 motivi nuovi all'interno dei quali è richiamato il parere del prof. Alfredo GA (allegato n. 3) cui sono allegati n. 10 documenti. Inoltre, in data 19 novembre 2019, è pervenuta in cancelleria una memoria con la quale, previa revoca dell'avv. Angeletti e nomina dell'avv. Claudio D'Isa, i difensori avv. Giannone e avv. D'Isa insistono nel primo, secondo e quinto motivo del ricorso principale.

3. Con il primo motivo del ricorso principale dell'avv. Angeletti si denuncia la violazione di una norma processuale (art. 606 lett. c) c.p.p. in relazione all'art.407 commi 2 e 3 c.p.p.). Sia il Tribunale che la Corte d'appello, in merito alla doglianza difensiva riguardante la richiesta dì acquisizione della scheda informatica della cronologia riguardante l'iscrizione del SA nel registro degli indagati ex art. 335 c.p.p., avrebbero erroneamente invocato il principio della "non giurísdizionalità" del provvedimento del P.M. adottato il 18 novembre 2011 (con il quale veniva rigettata la richiesta difensiva per mancanza di interesse) e quindi la sua non impugnabilità, sostenendo l'insindacabilità della scelta del Pubblico Ministero in ordine alle iscrizioni nell'apposito registro generale delle notizie di reato essendo, questa, prerogativa del pubblico ministero al quale non può sostituirsi il giudice nemmeno nell'ipotesi di ritardata iscrizione, potendosi, al più, nel caso di ritardata iscrizione, ravvisare profili di responsabilità penale o disciplinare dell'organo di accusa. La difesa sottolinea che la Corte d'appello avrebbe ripetuto l'errore ritenendo la richiesta generica "non essendo intellegibili, né specificamente indicate quali sarebbero le nullità/invalidità dell'istruttoria derivanti dalla pretesa irregolarità amministrativa riguardante la fase di indagine". Rileva inoltre che entrambe le decisioni dei giudici di merito non tengono in considerazione che dalla conoscenza della data di iscrizione del SA nel registro ex art. 335 c.p.p. possono derivare conseguenze rilevanti in termini di utilizzabilità/inutilizzabilità del materiale investigativo (in particolare, delle intercettazioni) che, evidentemente, si riflettono sul giudizio di responsabilità.

4. Tale motivo di ricorso viene ripreso dall'Avv. Giannone nei motivi nuovi (punto 1) ove sono indicati specificamente gli atti di indagine affetti da inutilizzabilità (decreti di intercettazione 911/06 del 23/3/2006, 3985/06 del 17/11/2006, 5100/07, 2045/07 e 377/07 del 18/5/2007), tutti eseguiti nell'ambito del procedimento n. 28596/2004 e confluiti nell'odierno procedimento (n. 11668/08);
si denuncia altresì l'inutilizzabilità delle indagini di P.G. espletate nel proc. 28596/2004 ed acquisite agli atti del dibattimento e delle dichiarazìoni rese nella fase delle indagini dai collaboratori di giustizia. L'argomento è ulteriormente approfondito dal prof. GA il quale, nel proprio elaborato, ripercorre i passaggi attraverso i quali si è sviluppata la vicenda relativa alla richiesta di informazioni circa l'iscrizione dell'avv. SA nel registro degli indagati: a partire dal provvedimento del GIP del 23/1/2007 che richiedeva all'ufficio di Procura di documentare la data dell'avvenuta iscrizione al fine di verificare la tempestività della richiesta di proroga delle intercettazioni (ali. 1), per passare alla successiva risposta dell' Ufficio di Procura del 3/4/2007 (all. 3) e all'ordinanza del 16/12/2011 con la quale il Tribunale rigettava l'istanza rilevando che il procedimento in oggetto (11668/08) non recava riferimenti a fatti risalenti agli anni 2003/2004, ribadendo che il provvedimento di iscrizione è atto del P.M. non avente natura giurisdizionale e quindi non è sindacabile e che, quand'anche vi fosse stata una tardiva iscrizione del nominativo nel registro degli indagati, il ritardo poteva avere rilievo solo sotto il profilo disciplinare, sino alla successiva ordinanza del 27/1/2012 con la quale il Tribunale rigettava la nuova richiesta difensiva di avere contezza di tutti i provvedimenti di iscrizione avendo il P.M. prodotto in data 11/1/2012 attestazione di segreteria circa l'iscrizione del SA nel registro ex art. 335 c.p., per il reato di cui all'art. 416 bis c.p., in data 20/3/2006 (all. 6). All'esito di tale complessa ricostruzione il prof. GA evidenzia come l'indirizzo esegetico cui si è rifatto il Tribunale per motivare il rigetto -secondo il quale "il termine di durata delle indagini preliminari decorre dalla data in cui il Pubblico Ministero ha iscritto nel registro delle notizie di reato il nome della persona cui il reato è attribuito, senza che al GIP sia consentito di stabilire una diversa decorrenza, sicché gli eventuali ritardi indebiti nella iscrizione tanto della notizia di reato quanto del nome della persona cui il reato è attribuito, pur se abnormi, sono privi di conseguenze agli effetti di quanto previsto dall'art.407 terzo comma c.p.p., fermi restando gli eventuali profili di responsabilità disciplinare o penale del magistrato del P.M. che abbia ritardato l'iscrizione" (S.U. 40538/2009, rv. 2443789)- non è condivisibile non potendosi ritenere sussistente in capo all'indagato, a fronte dell'esercizio da parte del P.M. di un potere attribuitogli dalla legge, una situazione soggettiva che si risolve nella "timida pretesa" che tale potere sia esercitato correttamente, senza alcuna possibilità di tutela;
sottolinea che tale orientamento è scalfito dalla recente modifica dell'art. 1 c. 2 d. Igs 106/2006 (ex art. 1 comma 75 L. 103/2017) che prevede tra le funzioni di vigilanza del Procuratore della Repubblica quella di assicurare "l'osservanza delle disposizioni relative all'iscrizione delle notizie di reato" da parte del suo ufficio, ammettendosi così un sindacato in ordine alle scelte del P.M., e da un recente approdo giurisprudenziale secondo il quale al Giudice è riconosciuto il potere di sindacare la determinazione del dies a quo delle indagini nel caso in cui l'inquirente abbia proceduto ad una nuova iscrizione di uno stesso fatto di reato già iscritto (Sez. 6, n. 29151/2017, rv. 270573). Anche la Corte Costituzionale (sentenza n. 198/1994) ha chiarito che "la qualità di persona sottoposta alle indagini non deve discendere dalle valutazioni soggettive dell'organo inquirente, dipendendo essa da dati oggettivi, spesso agevolmente riscontrabili sulla base degli atti ... qualsiasi comportamento omissivo addebitabile al pubblico ministero quanto al momento della individuazione della qualità di indagato potrà dar luogo a conseguenze di ordine processuale, ivi inclusa la possibilità di sindacare la concreta utilizzabilità della prova assunta senza la presenza del difensore". Aggiunge il prof. GA che nel caso di specie la questione non

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