Cass. pen., sez. VI, sentenza 10/09/2021, n. 33751
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da OS TO, nato il [...] a [...], nato il [...] a [...], nato il [...] a [...], nata il [...] a [...], nata il [...] a_=>ria/ AP AR NN, nata il [...] a [...], nato il [...] a [...], nato il [...]4 a Frattamaggiore RA NT, nato il [...] a [...] la sentenza del 16/07/2019 della Corte di appello di AP visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Massimo Ricciarelli;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio Troncone, che ha concluso per l'annullamento con rinvio nei confronti di TO e LLNO, per l'annullamento senza rinvio nei confronti di AN, limitatamente all'aggravante, con rideterminazione della pena, per 4o. l'inammissibilità dei ricorsi di OS TO, OS IA IS, Di PA AR, RA NT e RE AU;
uditi i difensori, Avv. Agostino La Rana per ADOC e Avv. Barbara Primo, in sostituzione dell'Avv. Alessandro Motta, per le parti civili SO e A.L.I.L.A.C.C.0, che hanno depositato conclusioni e nota spese;
uditi i difensori, Avv. Claudio Davino per OS TO, OS IA IS, Di PA IA AR e RA NT', e Avv. Francesca Aricò, in sost. dell'Avv. AN Aricò per OS TO, che hanno chiesto l'accoglimento del ricorso;
uditi i difensori, Avv. Alessandro Diddi per LLNO, Avv. Massimo Guadagni per AR, Avv. FR Coppi per TO, che hanno chiesto l'accoglimento del ricorso con annullamento senza rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 16 luglio 2019 la Corte di appello di AP ha giudicato sugli appelli presentati avverso la sentenza del Tribunale di AP in data 24 marzo 2017: in particolare ha confermato la condanna di TO OS in ordine al delitto di partecipazione ad associazione mafiosa costituita dal clan CC, contestato al capo 1), la condanna dello stesso OS in ordine al delitto di cui all'art. 513-bis, aggravato ex art. 7 legge 203 del 1991, contestato al capo 2), la condanna di AU RE, previa esclusione dell'aggravante delle persone riunite, in ordine ai delitti di rapina e di lesioni aggravate in danno di RI AN, contestati al capo 3), la condanna dell'OS, nonché di IO TO, di AR LLNO, di NN AR, di IA AR Di PA, di IA IS OS e di NT RA in ordine al delitto di cui all'art. 12- quinquies legge 356 del 1992, aggravato ex art. 7 legge 293 del 1991, come contestato al capo 4), la condanna di TO OS e di AN AN in ordine al delitto di testata estorsione aggravata ex art. 7 legge 203 del 1991, contestato al capo 5);
ha assolto AN e AR dal reato di cui al capo 2), ha rideterminato la pena nei confronti di AN, AR, RE e TO OS;
ha confermato le statuizioni in materia di confisca e le statuizioni civili.
2. Hanno presentato ricorso TO OS, IA AR Di PA, IA IS OS, NT RA, con atto a firma dei difensori Avv. Davino e Avv. Quatrano.
2.1. Primo motivo: violazione di legge, mancanza e vizio di motivazione in ordine all'omessa valutazione della memoria depositata in sede di discussione in primo grado. La Corte aveva fornito risposte apparenti e illogiche, a fronte della deduzione incentrata sulla nullità della sentenza del Tribunale per mancata valutazione della memoria difensiva, nella quale erano esposti rilievi riguardanti l'attendibilità dei dichiaranti e questioni procedurali, poi sviluppati negli ulteriori motivi di appello.
2.2. Secondo motivo: violazione di norme stabilite a pena di inutilizzabilità e vizio di motivazione in relazione agli artt. 111 Cost. 125, 546, 598 cod. proc. pen. Si premette che la Corte aveva erroneamente inteso la questione dedotta nel motivo di appello, rapportandola ad un'ipotesi di nullità della sentenza e parlando prima di tardività dell'inserimento nel fascicolo e poi di formazione del fascicolo, quando il tema era costituito dall'inutilizzabilità di atti acquisiti. Inoltre la Corte aveva riportato erroneamente un dato, riguardante l'ammissione dei mezzi di prova e la relativa discussione in sede di giudizio di primo grado, quando l'intervento difensivo rispetto alle richieste del P.M. era avvenuto all'udienza del 5 giugno 2014 e non all'udienza del 10 luglio 2014. Di seguito si distinguono le questioni eccepite dalla difesa e inerenti ai relativi atti.
2.2.1. In primo luogo si deduce in merito ad alcune sentenze, che non erano passate in giudicato al momento dell'acquisizione, e si sottolinea come il Tribunale avesse valutato l'accertamento emergente da esse, anche quando le stesse erano state riformate in appello con diverso accertamento di merito, come nel caso della sentenza della Corte di assise di AP del 28 novembre 2000. La Corte, in ordine al periodo di permanenza del clan CC, aveva valorizzato l'accertamento contenuto nella sentenza del G.U.P. del Tribunale di AP del 14 luglio 2011, che si riferiva al periodo dal 2004 al 2011, peraltro retrodatato dalla diversa sentenza che era stata pronunciata sulla vicenda con rito ordinario e che comunque non riguardava OS TO. Si contesta in generale l'assunto della Corte in merito alla non proponibilità di questioni non sollevate nel giudizio di primo grado, dovendosi da un lato rilevare che non era prevedibile l'erronea utilizzazione di sentenze non irrevocabili e che comunque la difesa aveva dedotto quanto di suo interesse, producendo sentenze irrevocabili.
2.2.2. Relativamente al filmato riguardante il reportage dell'inchiesta condotta da RI e OL per la trasmissione Le Iene, la Corte aveva fatto riferimento all'acquisizione di prove atipiche relative a videoriprese, mentre nel caso di specie si trattava di montaggio di servizio giornalistico a cura di privati, che conteneva interviste a soggetti non identificati di cui i giornalisti si erano rifiutati di rivelare l'identità. Inoltre la Corte aveva indebitamente fatto riferimento alla mancanza di immediata opposizione, quando il tema era quello dell'acquisizione e utilizzazione dei contenuti della videoripresa, che la difesa aveva contestato in sede di discussione, oltre che al momento dell'audizione dei reporter. Nel caso di specie era stata eccepita la violazione dell'art. 195, comma 7, cod. proc. pen., in quanto non si trattava della ammissibile valenza di dichiarazioni rese da persona ignota in casi peculiari, ma di dichiarazioni rese da soggetti di cui non era stata rivelata l'identità dai testi escussi.
2.2.3. Relativamente alle intercettazioni, era stato prestato consenso all'acquisizione delle trascrizioni operate dalla polizia giudiziaria con riguardo alle telefoniche ed era stata chiesta la perizia in relazione a quelle ambientali. Per contro erano state acquisite al fascicolo tutte le trascrizioni, riferite a intercettazioni sia telefoniche che ambientali. Inoltre le trascrizioni erano state acquisite in forma di brogliacci attraverso informative di polizia giudiziaria, contenenti verbali omissati e interpolazioni. Di qui la richiesta di espulsione dal fascicolo, indebitamente respinta, peraltro sulla base di motivazione che non teneva conto del contenuto e dei limiti del consenso prestato, senza che fosse onere della difesa spiegare quali brogliacci incidevano sul complesso probatorio a fondamento del giudizio di colpevolezza.
2.2.4. Con riguardo al tema dell'omessa audizione di testi di riferimento agli effetti dell'art. 195 cod. proc. pen., era stato sottolineato che erano inutilizzabili le dichiarazioni del collaboratore IS e del testimone di giustizia SO, i quali avevano fatto riferimento, quale fonte delle propalazioni, ad altri soggetti (LL, Di RA e NI per il IS, Aprea, DI, CU, LE, NN, AE per l'SO), di cui era stata chiesta l'audizione, in concreto non ammessa. Relativamente al IS si era erroneamente rilevato che il riferimento riguardava soggetti appartenenti alla medesima consorteria, che avrebbero avuto la facoltà di non rispondere, per cui non operava il disposto dell'art. 195 cod. proc. pen., quando in realtà il IS aveva fatto riferimento all'appartenenza al clan IS e non al clan CC, non era stato fornito di ciò alcun riscontro e comunque non si trattava di valutare la facoltà di non rispondere, ma la mancata citazione cui avrebbe dovuto conseguire la verifica dello statuto di garanzia. Relativamente all'SO era stato invece sottolineato che la deduzione era priva di specificità, in quanto non erano state chiarite le ragioni per cui l'esame dei soggetti indicati sarebbe stata necessaria e a quali fini, non indicandosi inoltre l'incidenza delle audizioni sul complessivo quadro probatorio: si trattava in questo caso di motivazione errata, in quanto la difesa non era tenuta a spiegare alcunché a fronte dell'obbligo di audizione del teste di riferimento, tempestivamente richiesta.
2.2.5. Relativamente al tardivo deposito dei verbali della collaborazione, la questione avrebbe dovuto intendersi riferita ai soli verbali di dichiarazioni del collaboratore Di EN, diversi da quelli indicati nell'avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen. La Corte aveva sostenuto che di quelle dichiarazioni si faceva menzione in sentenze definitive depositate e nell'ordinanza applicativa di misura cautelare nei confronti dell'OS, senza possibile vulnus per la difesa. Inoltre la Corte aveva sottolineato che la prova valorizzata era costituita dalle dichiarazioni dibattimentali del collaboratore. Ma la conoscenza di tutti gli atti di indagine avrebbe dovuto essere previamente assicurata e inoltre qualora il P.M. ometta di depositare alcuni atti di indagine con la richiesta di rinvio a giudizio, la sanzione è costituita dall'inutilizzabilità degli stessi. Né avrebbe potuto farsi riferimento alle eccezioni di cui all'art. 111, quinto comma, Cost., in tema di impossibilità di natura oggettiva, essa implicando la lettura di dichiarazioni precedentemente rese e note alla difesa quali fonti di prova.
2.3. Terzo motivo: vizio di motivazione in ordine all'attendibilità dei collaboratori di giustizia. Relativamente al collaboratore Di EN, si ribadiscono i temi su cui si era incentrata la doglianza di inattendibilità e si contesta la motivazione con cui la Corte ha per contro confermato il giudizio di affidabilità del collaboratore,