Cass. civ., sez. II, sentenza 02/09/2020, n. 18198

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In tema di patti successori, l'atto "mortis causa", rilevante gli effetti di cui all'art. 458 c.c., è esclusivamente quello nel quale la morte incide non già sul profilo effettuale (ben potendo il decesso di uno dei contraenti fungere da termine o da condizione), ma sul piano causale, essendo diretto a disciplinare rapporti e situazioni che vengono a formarsi in via originaria con la morte del soggetto o che dalla sua morte traggono comunque una loro autonoma qualificazione, sicché la morte deve incidere sia sull'oggetto della disposizione sia sul soggetto che ne beneficia: in relazione al primo profilo l'attribuzione deve concernere "l'id quod superest", ed in relazione al secondo deve beneficiare un soggetto solo in quanto reputato ancora esistente al momento dell'apertura della successione.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 02/09/2020, n. 18198
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 18198
Data del deposito : 2 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

18198-20 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE CIVILE Oggetto Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: SUCCESSIONI Dott. ALBERTO GIUSTI - Presidente - Consigliere - Dott. ALDO CARRATO Ud. 10/01/2020 - Dott. GIUSEPPE TEDESCO - Consigliere - PU hon 18-198 R.G.N. 1812/2016 Dott. ANTONIO SCARPA - Consigliere - -Rel. Consigliere - Rep. Dott. MAURO CRISCUOLO ha pronunciato la seguente 平 SENTENZA sul ricorso 1812-2016 proposto da: LL NA, LL DE, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLA PIRAMIDE CESTIA 31, presso lo studio dell'avvocato LEONILDA MARI, che li rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrenti -

contro

LL AL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BASSANO DEL GRAPPA 24, presso lo studio dell'avvocato LUCA GRAZIANI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato IPPOLITO POLLINI in virtù di procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 1621/2015 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 23/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/01/2020 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
udito il PUBBLICO MINISTERO nella persona Sostituto Procuratore Generale, Dott. ALESSANDRO PEPE, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato Leonilda Mari per i ricorrenti e l'Avvocato Ippolito Pollini per il controricorrente;
RAGIONI IN FATTO DELLA DECISIONE Nel febbraio 1998 AD ed NN LI chiedevano al Tribunale di Grosseto di dichiarare la nullità della scrittura stipulata tra le parti nel 1964, in quanto istitutiva di un patto successorio;
di dichiarare la simulazione della compravendita dell'8.10.1964 intercorsa tra il de cuius e il figlio AL;
di accertare l'esistenza di una donazione indiretta o, in via subordinata, di una donazione diretta di danaro dal padre al figlio convenuto;
sempre in via subordinata di dichiarare comunque la "lesione di legittima" e in via sussidiaria di disporre la collazione dei beni e condannare il convenuto al pagamento della somme dovute a seguito di nuova determinazione dell'asse ereditario. Il Tribunale con sentenza n. 1063 del 2004 respingeva la domanda relativa alle donazioni e rimetteva al prosieguo per la stima dei beni e la formazione delle quote ereditarie. La causa veniva sospesa in attesa dell'impugnazione proposta dagli attori. La Corte d'appello di Firenze con sentenza del 30 maggio 2007 accoglieva l'appello e per l'effetto dichiarava la nullità della sentenza di primo grado ai sensi dell'art. 50 bis e quater, Ric. 2016 n. 01812 sez. S2 - ud. 10-01-2020 -2- perchè decisa da giudice monocratico e non collegiale, benchè attinente ad azione di riduzione per lesione di legittima. Dichiarava la nullità delle scritture private e in particolare di quella del 7/6/1964, in quanto istitutiva di un patto successorio;
dichiarava la simulazione della compravendita dell'8/10/1964, in quanto dissimulante una donazione in violazione di legittima;
dichiarava che la donazione del 3/8/64 costituiva donazione indiretta di immobile;
accertava la violazione della quota di legittima degli attori. LI AL ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi cui resistevano gli intimati con controricorso. Questa Corte con la sentenza n. 12919 del 24 luglio 2012, ha accolto il terzo ed il sesto motivo di ricorso, rigettando gli altri motivi, ed ha cassato la sentenza di appello in relazione ai motivi accolti, con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Firenze. R In relazione al primo motivo che denunciava violazione dell'art. 50 bis c.p.c., in relazione all'art. 360, n. 3 e "omessa considerazione di un dato decisivo per la decisione", la Corte riteneva che era stata indubbiamente introdotta una domanda volta a denunciare la lesione di legittima, con ogni conseguenza il che radicava la competenza del tribunale in composizione collegiale per la decisione della causa. Quanto al secondo motivo, che denunciava "violazione artt. 100, 112, 339, 342, 352 c.p.c." e vizi di motivazione, premessa la sua difficile comprensione, la sentenza rilevava che la critica mostrava di non aver colto un fondamentale passaggio della sentenza di appello, che in relazione all'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale legittimato a decidere su una domanda giudiziale, che costituisce, alla stregua del rinvio Ric. 2016 n. 01812 sez. S2 - ud. 10-01-2020 -3- operato dall'art. 50 quater cod. proc. civ. al successivo art. 161, comma 1, un'autonoma causa di nullità della decisione, (S.U. 28040/08), aveva appunto pronunciato la nullità della sentenza. Per l'effetto doveva poi pronunciarsi sui capi di domanda, senza rimessione degli atti al primo giudice, ma come giudice di primo (ormai, di merito, unico) grado, cioè non avendo i limiti di cognizione (artt. 342 e 345, invano invocati) di un giudice di appello, essendo nulla in ogni sua parte la sentenza del tribunale. Era invece ritenuto fondato il terzo motivo, che denunciava vizi di motivazione e falsa applicazione degli artt. 769 e 1414 c.c., e "mancata applicazione degli artt. 1322 e 1872 c.c.". della mirava a fare emergere l'insufficienza La censura motivazione e "quantomeno gradatamente" - la violazione di - legge in ordine alla natura delle attribuzioni fatte ad AL in corrispettivo di prestazioni di mantenimento ed assistenza verso il padre e verso una sorella minore. Invero dal testo delle risultanze riportate in atti emergeva che la Corte di appello aveva trascurato la possibile valenza delle pattuizioni quale rendita vitalizia, avendole qualificate alla stregua di donazione indiretta da sottoporre a collazione, sebbene fossero previste specifiche prestazioni a carico del ricorrente nella cosiddetta "contro scrittura". La Corte di appello aveva ritenuto che le scritture esaminate costituissero disposizione della successione, ma ciò aveva fatto apoditticamente, senza cioè porsi alcun interrogativo in ordine alle obbligazioni dovute da AL in vita dei genitori e non, come vuole la motivazione, "una volta defunti i genitori". E' stata quindi ritenuta l'esistenza di patti successori in relazione alle obbligazioni assunte dal ricorrente ed alle Ric. 2016 n. 01812 sez. S2 - ud. 10-01-2020 -4- accettazioni firmate da AD per sè e anche per la sorella NN, ma la materia avrebbe dovuto essere esaminata, con congrua e adeguata motivazione, alla luce della portata delle obbligazioni di cui si è detto, potenzialmente evocatrici della pattuizione di cui all'art. 1872 c.c. Quanto al quarto motivo concernente un vizio di motivazione "in punto di declaratoria di donazione indiretta di immobile riguardante il trasferimento del 3 agosto 1964, la Corte osservava che sebbene sembrasse proposto in via subordinata rispetto al terzo, era comunque privo di fondamento, perchè difettava di specificità della critica. Esso faceva, infatti, rinvio ai documenti prodotti, in buona parte non trascritti in ricorso, senza far comprendere il nesso tra le statuizioni censurate e le risultanze rilevanti per vanificare la decisione della Corte di appello, della quale non indicava, come avrebbe dovuto, i passi rilevanti sul punto e sottoposti alla critica. Del pari infondato era ritenuto il quinto motivo di ricorso, che F denunciava violazione degli artt. 100, 323, 339, 342, 352 c.p.c., e vizi di motivazione "in punto di dichiarata violazione della quota di legittima". La tesi sostenuta era che il giudice di appello non poteva pronunciarsi sulla lesione della quota di legittima, perché il giudice di primo grado aveva rimandato la questione al prosieguo, non avendone trattato nella sentenza non definitiva. Ma anche a soprassedere circa l'inammissibilità della censura perché corredata da quesito privo di concretezza, che non evidenziava chiaramente a quale domanda erroneamente decisa volesse riferirsi, occorreva ricordare che sussisteva il potere-dovere del giudice di appello, una volta dichiarata nulla la sentenza impugnata, di pronunciarsi sul merito senza alcun vincolo derivante dal primo giudizio, a maggior ragione quello Ric. 2016 n. 01812 sez. S2 - ud. 10-01-2020 -5- relativo alla materia del contendere, rimasta del tutto aperta per effetto della declaratoria suddetta. Era altresì accolto il sesto mezzo di gravame attinente a violazione degli artt. 553, 554, 724 e 737 C.C. - Omessa motivazione in ordine ai beni relitti dal defunto. Infatti, nel chiedere "se il giudice di appello possa decidere su una lesione di legittima denunciata da un erede soltanto sulla base della valutazione di un bene e senza valutare tutto il patrimonio relitto e compiere le operazioni di cui all'art. 553 c.c., e segg", la censura coglieva un punto gravemente carente della sentenza impugnata, che aveva statuito in ordine alla lesione di legittima, senza aver prima censito il patrimonio ereditario. Invece occorreva dar seguito all'insegnamento di questa Corte secondo cui: "Per accertare la lesione di legittima è necessario determinare il valore della massa ereditaria e, quello, quindi, della quota disponibile e della quota di legittima, che della massa ereditaria costituiscono una frazione, procedendo, R anzitutto, alla formazione della massa dei beni relitti ed alla determinazione del loro valore al momento dell'apertura della successione, alla detrazione dal "relictum" dei debiti da valutare con riferimento alla stessa data, alla riunione fittizia (cioè, con operazione meramente contabile) tra attivo netto e "donatum", costituito dai beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, da stimare secondo il loro valore al momento dell'apertura della successione (artt. 747 e 750 cod. civ., rispettivamente relativi ai beni immobili ed ai beni mobili) e con riferimento al valore nominale, quanto alle donazioni in denaro (art. 751 cod. civ.), calcolando, poi, la quota disponibile e la quota indisponibile sulla massa risultante dalla somma del valore del "relictum" al netto e del valore del "donatum" ed Ric. 2016 n. 01812

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