Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-03-01, n. 202402000

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-03-01, n. 202402000
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202402000
Data del deposito : 1 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/03/2024

N. 02000/2024REG.PROV.COLL.

N. 04170/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4170 del 2022, proposto da
Energia 4.0 s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Ranci e Alessandra Ranci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Aurelio Giunchi in Roma, V. C. Alberto n. 8;



contro

Regione Marche, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Cecilia Maria Satta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Dirigente della P.F. credito, cooperative, commercio e tutela dei consumatori, Responsabile del procedimento, Servizio attività produttive, lavoro e istruzione, P.F. Credito, non costituiti in giudizio;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima) n. 816/2021, resa tra le parti

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Marche;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 febbraio 2024 il Cons. Sara Raffaella Molinaro e udito per le parti l’avvocato Giunchi, in dichiarata delega dell'Avv. Ranci Alessandra;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. La controversia riguarda la revoca del contributo concesso della Regione Marche con decreto n. 122 del 2020, di cui al decreto n. 193 del 14 novembre 2020.

2. Il provvedimento è stato impugnato, insieme con la comunicazione 11 dicembre 2020 e gli atti precedenti e presupposti, compresa la nota 7 aprile e la nota 22 settembre 2020, contenente il preavviso di revoca e decadenza del contributo, davanti al Tar Marche da Energia 4.0 s.r.l.

3. Il Tar, con sentenza 22 novembre 2021 n. 816, ha respinto il ricorso.

4. La società ha appellato la sentenza con ricorso n. 4170 del 2022.

5. Nel corso del presente grado di giudizio si è costituita la Regione Marche, che ha segnalato, con nota depositata in giudizio il 2 gennaio 2024, “ l’evento interruttivo, rappresentato dalle dimissioni dell’avv. Cecilia Maria Satta, del giudizio ai sensi dell’art. 79 co.2 c.p.a. ”.

6. All’udienza del 15 febbraio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.



DIRITTO

7. Il Collegio affronta prioritariamente la questione pregiudiziale che origina dal fatto che l’unico avvocato costituito nel presente giudizio per rappresentare e difendere la Regione Marche, iscritto nell’elenco speciale annesso all’albo di Ancona, si è dimesso dalla suddetta Regione e ha chiesto la cancellazione dall’elenco speciale annesso all’albo di Ancona per trasferimento presso l’Avvocatura del Comune di Campobasso e iscrizione nell’elenco speciale annesso all’albo di Campobasso.

A seguito di detta evenienza l’avvocato dirigente presso l’Avvocatura della Regione Marche, ha segnalato, con nota depositata in giudizio il 2 gennaio 2024, “ l’evento interruttivo, rappresentato dalle dimissioni dell’avv. Cecilia Maria Satta, del giudizio ai sensi dell’art. 79 co.2 c.p.a. ”.

Con ordinanza presidenziale 8 gennaio 2024 n. 7 è stato disposto un incombente istruttorio al fine di acquisire informazioni circa le dimissioni dell’avvocato Satta e l’organico dell’ufficio legale della Regione Marche.

Sono state quindi acquisite le seguenti informazioni:

- in data 29 novembre 2023 l’avvocato Satta ha comunicato le dimissioni a far data dal primo gennaio 2024;

- con nota 7 dicembre 2023 l’Amministrazione regionale, e precisamente la Direzione risorse umane, ha preso atto delle dimissioni;

- l’Avvocatura regionale consta di cinque avvocati abilitati al patrocinio innanzi alle magistrature superiori, di cui due dirigenti, quattro avvocati non abilitati alle magistrature superiori e un organico di trentuno dipendenti appartenenti al personale amministrativo, di cui un dirigente.

Con nota depositata il 25 gennaio 2024 la controparte appellante ha chiesto di proseguire il giudizio non ravvisando i presupposti della relativa interruzione.

7.1. In via pregiudiziale, occorre individuare le conseguenze processuali della comunicazione depositata il 2 gennaio 2024 da parte della Regione Marche e valutare se vi sono i presupposti per l’interruzione del processo.

7.2. Le vicende che interessano il rappresentante tecnico della parte nel corso del processo sono disciplinate in modo espresso da due disposizioni del codice di procedura civile, applicabili al processo amministrativo in base all’art. 79 comma 2 c.p.a. Le due disposizioni sono l’art. 85 e l’art. 301 c.p.c.

Ai sensi dell’art. 301 comma 1 c.p.c. “ Se la parte è costituita a mezzo di procuratore, il processo è interrotto dal giorno della morte, radiazione o sospensione del procuratore stesso ”: la fattispecie presuppone la morte, radiazione o sospensione del procuratore e produce l’effetto dell’interruzione del processo. A dette ipotesi sono state equiparate la cancellazione d’ufficio dall’albo (Cass. civ., sez. III, 31 gennaio 2012 n. 1355), almeno nel caso in cui sia originata da motivi disciplinari (Cass. civ., sez. III, 30 aprile 2009 n. 10112), e la cancellazione volontaria nei casi in cui l’avvocato versi in una delle situazioni che dà luogo alla cancellazione d’ufficio (Cass. civ., sez. II, 5 ottobre 2001 n. 12294).

Con il comma 3 dell’art. 301 è precisato che “ Non sono cause d'interruzione la revoca della procura o la rinuncia ad essa ”, così rimandando all’art. 85 c.p.c. (nei termini illustrati infra ). In base all’art. 85 La procura può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore ”: la fattispecie presuppone la rinuncia al mandato o la revoca del mandato e produce quale effetto l’ultrattività del mandato fino al subentro del nuovo difensore.

I presupposti di entrambe le fattispecie (delineate dagli artt. 85 e 301 comma 1 c.p.c.) non coprono l’intero novero delle possibili vicende che possono interessare il difensore nel corso del processo. In particolare non rientra nell’ambito letterale di applicazione di alcuna delle due disposizioni la cancellazione volontaria dall’albo degli avvocati.

7.3. Il trattamento processuale riservato dalla giurisprudenza alla cancellazione volontaria dall’albo è indicativa dell’esegesi compiuta delle suddette due disposizioni normative, oltre al fatto che il caso di specie presenta elementi di similitudine con l’ipotesi della cancellazione volontaria dall’albo dell’avvocato libero professionista (oltre a elementi che lo distinguono, come si vedrà infra ).

Secondo una prima impostazione, il difensore che si cancella volontariamente dall’albo perde lo ius postulandi ed è quindi impossibilitato all’ulteriore esercizio della professione forense.

È quindi inapplicabile il principio di ultrattività del mandato di cui al combinato disposto dell’art. 301 comma 3 c.p.c. e dell’art. 85 c.p.c.

La conseguenza sarebbe l’applicazione dell’art. 301 comma 1 c.p.c. in base a una interpretazione costituzionalmente orientata, e quindi “ in funzione di garanzia del diritto di difesa della parte rappresentata dal difensore cancellatosi dall'albo, tale da ricomprendere tra le cause di interruzione del processo, in via estensiva o analogica, anche l'ipotesi di cancellazione volontaria dall'albo ” (Sez. un. 21 novembre 1996 n. 10284 e Cons. Stato, Sez. III, 7 marzo 2016 n. 925).

Nella diversa prospettiva ermeneutica di cui ad altre sentenze della Corte di cassazione (Cons. St., sez. IV, 19 gennaio 2018 n. 334 e Cass. civ., sez. III, 21 giugno 2012 n. 10301) in caso di cancellazione volontaria dall’albo:

- non si verte in ipotesi di applicazione dell'art. 301 comma 1 c.p.c., che riguarda ipotesi diverse, tutte accomunate dall'essere la perdita dello ius postulandi per effetto non di un'azione volontaria, ma d’un evento esterno alla volontà dell'avvocato e da lui non controllabile;

- la cancellazione volontaria dall'albo produce, quale effetto indiretto, la rinuncia da parte dell'avvocato allo ius postulandi di cui dispone, in concreto, per tutti i propri clienti e, dunque, in ultima analisi, la rinuncia a tutti i mandati conferitigli;

- “ ciò consente l'applicazione, sia pure sotto il solo lato passivo del potere di rappresentanza (vale a dire sotto il profilo della ricezione degli atti indirizzati alla parte rappresentata), del combinato disposto dell'art. 85 c.p.c., e art. 301 c.p.c., comma 3 ”;

- non si pone una questione di tutela del diritto di difesa del destinatario della notifica o del contraddittorio, considerate le regole che disciplinano, sul piano privatistico, il rapporto di mandato e la possibilità, sempre riconosciuta al cliente, di sostituire il difensore.

Secondo le sezioni unite del 2017 l’art. 85 c.p.c. in combinato disposto con l'art. 301 c.p.c., comma 3, per cui la rinuncia al mandato non ha effetto sino alla sostituzione del difensore ” è inapplicabile alla cancellazione volontaria dall’albo mentre “ deve darsi continuità alla giurisprudenza di queste S.U. nella parte in cui si afferma la necessità d'una interpretazione costituzionalmente conforme dell'art. 301 c.p.c., comma 1, in funzione di garanzia del diritto di difesa, tale da ricomprendere tra le cause di interruzione del processo anche l'ipotesi di cancellazione volontaria dall'albo ” (Sez. un. 13 febbraio 2017 n. 3702 e Cass. civ., sez. VI - 3, ordinanza 6 ottobre 2020 n. 21359, nonché, fra le altre, Cons. St., sez. IV, 11 marzo 2022 n.1734).

7.4. Il Collegio ritiene di dover approfondire, per scrutinare la questione pregiudiziale all’esame di questo Giudice, l’esegesi delle due

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