Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-05-27, n. 201402730

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-05-27, n. 201402730
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201402730
Data del deposito : 27 maggio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07493/2013 REG.RIC.

N. 02730/2014REG.PROV.COLL.

N. 07493/2013 REG.RIC.

N. 08248/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7493 del 2013, proposto da:
LI PA, rappresentata e difesa dall'avv. Pier Alessandro Muratori Casali, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Pierluigi Lucattoni in Roma, viale Mazzini, n. 140;



contro

Azienda Sanitaria U.S.L. di Modena, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Paolucci, Rolando Roffi e Massimo Letizia, con domicilio eletto presso lo studio del terzo, in Roma, viale Angelico, n. 103;

sul ricorso numero di registro generale 8248 del 2013, proposto da:
LI PA, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;



contro

Azienda Sanitaria U.S.L. di Modena, in persona del legale rappresentante pro tempore, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;



quanto al ricorso n. 7493 del 2013:

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Emilia-Romagna – Bologna, Sezione II, n. 237/2013, resa tra le parti, di declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto per l’annullamento del capo c) della deliberazione n. 30 del 10.2.2004 con il quale il Direttore Generale dell'Azienda Sanitaria U.S.L. Modena ha dichiarato estinto il rapporto di impiego della signora PA LI a far tempo dal 31.1.1991 per effetto dell'intervenuta cancellazione della stessa dall'Albo delle Ostetriche e del conseguente venir meno del presupposto necessario alla prosecuzione del rapporto di impiego;

per la riunione del ricorso in appello in esame con il ricorso per l’ottemperanza n. 8248/2013;

perché sia dichiarato che la sentenza n. 9276/2003 del Consiglio di Stato, Sezione quinta, non ha statuito l’obbligatorietà della iscrizione all’Albo delle Ostetriche della signora di cui trattasi e che per le ostetriche prima della legge n. 43/2006 non era obbligatoria l’iscrizione all’Albo;

per l’annullamento di detta deliberazione n. 30 del 10.2.2004 del Direttore generale della U.S.L. di Modena;

per la condanna della Azienda Sanitaria U.S.L. di Modena alla immediata e definitiva riassunzione o reintegra in servizio della appellante, con ripristino totale del rapporto di pubblico impiego in capo ad essa e con riconoscimento del trattamento giuridico ed economico conseguente dalla data del 31.1.1991 fino alla naturale scadenza;

in subordine per ottenere chiarimenti, ex art. 112, comma 5, del c.p.a., circa il “dictum” giurisdizionale espresso con la citata la sentenza n. 9276/2003;

per la riforma del capo della sentenza impugnata di condanna alle spese, in forza della sentenza della A.P. del Consiglio di Stato n. 2 del 2013;

quanto al ricorso n. 8248 del 2013:

per l’ottemperanza

della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, n. 9276/2003, resa tra le parti, di accoglimento del ricorso proposto per la riforma della sentenza del T.A.R. della Emilia Romagna, Bologna sez. I, n. 87/1998, depositata in data 13 marzo 1998, con la quale erano stati respinti i ricorsi n. 2078/90, n. 2079/90 e n. 766/1991 con il quali la signora PA LI aveva impugnato, rispettivamente, un provvedimento disciplinare di destituzione, un provvedimento disciplinare di sospensione dalla qualifica ed il provvedimento di estinzione del rapporto di impiego, adottati nei suoi confronti;

nonché per la riunione, le declaratorie, la condanna ed i chiarimenti richiesti con il ricorso n. 7493/2013;

Visti il ricorso in appello n. 74493/2013 ed il ricorso per ottemperanza n. 8248/2013 e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Azienda Sanitaria U.S.L. di Modena;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visto l'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti delle cause;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2014 il Cons. Antonio Amicuzzi e udito per l’Azienda Sanitaria U.S.L. di Modena l’avvocato Rolando Roffi;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:



FATTO e DIRITTO

I.- Con il ricorso in appello che ha assunto il n. di r.g. 7493 del 2013 la signora PA LI ha chiesto la riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto per l’annullamento del capo c) della deliberazione n. 30 del 10.2.2004 del Direttore Generale dell'Azienda Sanitaria U.S.L. Modena con la quale è stato dichiarato estinto il rapporto di impiego della signora suddetta dal 31.1.1991 per effetto dell'intervenuta cancellazione della stessa dall'Albo delle Ostetriche e del conseguente venir meno del presupposto necessario alla prosecuzione del rapporto di impiego; inoltre per le declaratorie, l’annullamento, la condanna e i chiarimenti in epigrafe indicati.

II.- A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:

1.- La sentenza è basata sull’assunto che, sia dalla parte motiva della deliberazione impugnata, che dal contenuto del ricorso, si evinceva che la U.S.L. intimata aveva inteso dare attuazione con la determinazione impugnata alla sentenza n. 9276 del 2003 del Consiglio di Stato e che la interessata lamentava la mancata piena ed effettiva esecuzione di detta sentenza, sicché l’oggetto della domanda doveva essere qualificato in termini di inottemperanza al giudicato, con competenza del Consiglio di Stato.

Ma la impugnata deliberazione n. 30 del 2004 sarebbe stata in effetti un “quid novi”, costituente una nuova “destituzione – licenziamento” della signora LI con effetti retroattivi al 31.1.1991, con conseguente elusione esecutiva non conformativa di detta sentenza del Consiglio di Stato n. 9276 del 2003.

In particolare il T.A.R.:

A) avrebbe errato nel qualificare in termini di inottemperanza a detta sentenza del Consiglio di Stato l’oggetto del ricorso n. 651/2004, trattandosi di impugnazione autonoma della successiva deliberazione n. 30 del 2004 (stante la sua autonoma lesività) e non di ricorso diretto all’adempimento dell’obbligo della Autorità amministrativa di uniformarsi ad essa sentenza, che aveva disposto: a) l’annullamento del provvedimento disciplinare n. 74/1990 di destituzione della signora LI, con effetto dal 30.1.1990, dal servizio del Presidente per accertata violazione dei doveri di fedeltà (a seguito della acquisizione e sottrazione di n. 6 schede sanitarie riservate e loro successiva produzione in un processo penale), avendo esercitato la dipendente il diritto di difesa; b) l’annullamento della deliberazione della U.S.L. n. 18 “del 12/2/91 n. 106”, di estinzione del rapporto di pubblico impiego del 30.1.1991 a seguito di cancellazione dall’Albo delle Ostetriche, in quanto detta deliberazione era stata adottata in una data in cui il provvedimento di cancellazione non era ancora definitivo (in quanto il ricorso interposto dalla signora LI “in data 15/3/91” esplicava effetto sospensivo dell’efficacia dell’atto gravato).

Infatti con detta deliberazione n. 30 del 2004 sarebbe stata disposta la retroattività alla data del 31.1.1991 del nuovo “licenziamento – destituzione” “cioè degli effetti sospensivi ed esecutivi della sentenza del Consiglio di Stato passata in giudicato” e nella sua parte motiva non sarebbe stato precisato né quali fossero stati i mutamenti irreversibili di alcune situazioni di fatto e di diritto relativi alla posizione giuridica ed economica della dipendente alla luce delle successive vicende amministrative, né quale fosse l’assetto ricostruttivo nel limite dei vincoli imposti alla P.A. in sede di riedizione del potere amministrativo successivamente al “dictum” giurisdizionale, da interpretare secondo un complessivo canone di buona fede e di effettività della tutela giurisdizionale in considerazione del contenuto complesso della decisione del Consiglio di Stato circa l’effetto demolitorio di dichiarata destituzione (lett. a) e della successiva estinzione del rapporto di lavoro (lett. b).

Quindi con detta deliberazione n. 30 del 2004:

a) sarebbe stato illegittimamente ed arbitrariamente riconosciuta la retroattività alla data del 31.1.1991 degli effetti esecutivi di detta sentenza del Consiglio di Stato e ritenuto che il secondo “licenziamento – destituzione” era fondato sulla stessa causa o motivo posto a base della precedente deliberazione n. 106 del 12.2.1991 (con sua annullabilità, come da sentenze della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 1244/2011 e n. 106/2013);

b) sarebbe stata impedita la “restitutio in integrum” sotto il profilo giuridico ed economico in capo alla signora LI;

c) sarebbe stata ignorata la nuova regolamentazione del rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato dall’anno 2001;

d) sarebbe stata risolta unilateralmente ed illegittimamente la questione controversa circa la obbligatorietà o meno della iscrizione all’Albo delle ostetriche, senza considerare che la volontaria cancellazione non faceva venir meno il rapporto di lavoro in forza delle leggi all’epoca vigenti, compresa quella del 30 marzo 2001, n. 165 e quella del 24 dicembre 2003 n. 350, entrata in vigore l’1.1.2004, prima della entrata in vigore della deliberazione n. 30 del 10.2.2004 impugnata;

e) sarebbe stato, in realtà, posto in essere un nuovo ed autonomo provvedimento di “licenziamento – destituzione” del rapporto di lavoro della ricorrente con effetto retroattivo;

f) sarebbe stata quindi posta in essere una iniziativa del tutto diversa rispetto alla statuizione demolitoria del Consiglio di Stato.

B) Avrebbe ignorato che il Consiglio di Stato in sede cautelare, con proprio provvedimento del 30.11.2004(ord. n. 7137/2004), in riforma della ordinanza del 13.5.2004 del T.A.R., aveva disposto la riammissione in servizio della LI.

C) Avrebbe errato per essersi limitato a prendere in esame solo l’atto presupposto e cioè la sentenza del Consiglio di Stato passata in giudicato.

D) Avrebbe

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