Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-07-09, n. 201804169
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Testo completo
Pubblicato il 09/07/2018
N. 04169/2018REG.PROV.COLL.
N. 06997/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6997 del 2014, proposto da:
US CH, NI IC, rappresentati e difesi dall’avvocato Fortunato Dattola, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Lazzaretti in Roma, Largo di Torre Argentina, n. 11;
contro
COMUNE DI VILLA SAN GIOVANNI, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato Attilio Cotroneo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Ludovisi, n. 36;
nei confronti
IO US TA, OS NONPENSO, rappresentati e difesi dall’avvocato Luciano Maria Delfino, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Manuela Maria Zoccali in Roma, via G.P. da Palestrina, n. 48;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Calabria ‒ sede di Reggio Calabria ‒ 16 aprile 2014 n. 186;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di IL SA NI, di MA US OR e di RO NO;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 maggio 2018 il Cons. Dario Simeoli e uditi per le parti gli avvocati Fortunato Dattola, Domenico Polimeni, in sostituzione di Attilio Cotroneo, Manuela Maria Zoccali, in sostituzione di Luciano Maria Delfino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.‒ Il presente giudizio ha ad oggetto le determinazioni comunali con le quali è stato ritenuto urbanisticamente non conforme il manufatto realizzato dagli odierni appellanti a contenimento del terreno di fondazione del proprio fabbricato costituito da un muro in calcestruzzo dell’altezza complessiva di mt 4,20 e di una palificata di sostegno realizzata a ridosso del primo con funzione di consolidamento del terrapieno retrostante, sul quale poggiano le fondazioni del palazzo dei ricorrenti, e ne è stata ordinata la parziale demolizione.
1.1.‒ Nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, gli istanti premettevano che: - avevano costruito in IL SA NI (in area distinta al catasto foglio n. 4, particella 430), in forza di concessione edilizia n. 23 del 3 ottobre 1984, un fabbricato a tre piani fuori terra, previa costruzione di un muro di contenimento; - nel settembre 2000, il responsabile dell’Ufficio tecnico comunale aveva ordinato loro la demolizione del muro; - con domanda n. 17384 del 22 dicembre 2000, chiedevano, ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47 del 1985, una concessione in sanatoria per la regolarizzazione del muro di contenimento e per la realizzazione di un “contro-muro”, secondo un’ipotesi progettuale allegata all’istanza medesima; - con nota prot. n. 9357 del 17 luglio 2001, veniva autorizzata «la costruzione di un nuovo muro» con «caratteristiche strutturali che saranno oggetto di calcoli di stabilità da depositare all’Ufficio del Genio civile […] prima dell’avvio dei lavori»; - con provvedimento del 25 novembre 2002 n. 4365, veniva revocata l’autorizzazione del 2001 e poi, con provvedimento n. 1151 del 30 gennaio 2003, veniva stabilita una sanzione amministrativa, sul presupposto che le variazione accertate in data 25 novembre 2002 non fossero variazioni essenziali; - con atto del 4 aprile 2003 il responsabile del settore tecnico determinava «in autotutela il ritiro del provvedimento prot. n.1151 del 30/01/2003 e per intervenuta decadenza ed inefficacia dello stesso, per inadempimento dell’obbligazione a carico della Ditta RI – FI, disponendo «ulteriori accertamenti sui luoghi a mezzo di tecnico comunale».
1.2.‒ Su queste basi, i signori US RI e IO IC chiedevano l’annullamento del predetto provvedimento comunale del 4 aprile 2003 n. 3913. Successivamente, con motivi aggiunti, venivano gravati anche due atti sopravvenuti, e segnatamente: - il provvedimento n. 221 del 7 gennaio 2011, con il quale il Comune denegava il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, ordinando la demolizione della «porzione di muro in cls dell’altezza di circa mt. 1,40 m, eseguita abusivamente in sopraelevazione al muro esistente per l’intera lunghezza dello stesso, pari a ml. 21,00, posta a confine con la Ditta OR -NO, nonché la porzione dello stesso muro di pari altezza e lunghezza ml. 7,65 posta a confine sul lato sud con la scuola GH (quest’ultimo non oggetto della richiesta di sanatoria, né di verifica statica e relativo collaudo)»; - il provvedimento n. 3032 del 23 febbraio 2011 il Comune di IL SA NI denegava il permesso a costruire in sanatoria della palificata, ordinando la demolizione «della porzione di palificata con solaio a sbalzo in c.a. dell’altezza di mt. 1,40 e per la lunghezza di ml. 20,50 circa, eseguita abusivamente a ridosso e ad una distanza di mt. 1,20 dal muro in cls esistente».
1.3.‒ I ricorrenti, in estrema sintesi, sostenevano che il muro di contenimento del terrapieno sul quale poggiano le fondazioni del proprio fabbricato sarebbe stato soggetto a semplice D.I.A., in quanto opera completamente interrata, o comunque a natura pertinenziale rispetto all’edificio, o ancora destinata a finalità conservativa dell’edificio (art. 3, lettera c , del d.lgs. n. 380 del 2001). Sotto altro profilo, lamentavano l’omessa valutazione dell’interesse pubblico alla rimozione di atti precedenti ed alla riduzione in pristino di un’area in cui l’opera contestata sorgeva da un rilevante lasso di tempo, nonché la violazione delle regole del procedimento.
2.‒ Con sentenza in forma semplificata n. 711 del 2011, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria respingeva il ricorso ed i motivi aggiunti. Il Consiglio di Stato, tuttavia, con sentenza n. 3213 del 2012, la riformava con rinvio, avendo rilevato che il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado non era stato notificato ai controinteressati, ed avendo comunque riconosciuto un errore scusabile in capo ai ricorrenti. Riassunto il giudizio e disposta l’integrazione del contraddittorio, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, con la sentenza n. 186 del 2014, respingeva nuovamente le domande di annullamento.
3.‒ I signori US RI, IO IC hanno quindi proposto appello avverso la sentenza da ultimo indicata, chiedendo, in riforma della stessa, l’integrale accoglimento del ricorso di primo grado.
Gli appellanti muovono al giudice di prime cure le seguenti articolate censure:
- violazione degli articoli 65, comma terzo, e 46, comma 2, del c.p.a. e conseguente insufficiente ed inadeguata motivazione, per non avere ordinato al Comune di IL SA NI, che non aveva spontaneamente adempiuto al dovere sullo stesso gravante, di depositare la documentazione formatasi nel procedimento amministrativo ed in particolare gli elaborati progettuali e la relazione tecnica presentata dai controinteressati per richiedere il rilascio della concessione edilizia, nonché la stessa concessione edilizia, gli atti di diffida notificati dalle parti, e tutti gli atti e provvedimenti negli stessi richiamati, in tal modo decidendo la controversia con motivazione insufficiente e/ o inadeguata;
- violazione degli articoli 64, comma 2, 115, comma 1, c.p.c., per non avere ritenuto provato ad ogni effetto e non necessitante di ulteriore prova, essendo fatto allegato non specificatamente contestato, che la realizzazione della paratia con micropali è stata realizzata dopo la presentazione di regolare D.I.A. e dopo la scadenza del termine assegnato dall’articolo 23 d.P.R. n. 380 del 2001 alla p.a. per il controllo di merito, di legittimità e di ammissibilità della medesima denuncia;
- l’omesso esame dei motivi 1- septies , e 4 del ricorso per motivi aggiunti;
- difetto di motivazione in conseguenza di motivazione solo apparente e violazione dell'art. 23 d.P.R. n. 380 del 2001 e degli articoli 21-quinquies e 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, per non avere dichiarato illegittimo l’operato dell’Amministrazione comunale che, in presenza di una denuncia di inizio attività per la realizzazione della paratia con micropali, ha adottato i provvedimenti di sospensione dei lavori e successivamente ancora di demolizione, dopo che era decorso il termine di trenta giorni previsto per il consolidamento del titolo, senza averli fatti precedere dagli atti previsti a favore degli interessati rispetto ai provvedimenti di autotutela;
- violazione dell’art. 282 c.p.c., in relazione alle norme contenute negli artt. 2907 e 2908 c.c. per avere omesso di riconoscere l’autorità della sentenza del Tribunale di Civile di Reggio di Calabria nonostante che la stessa, in materia sottratta alla cognizione e giurisdizione del giudice amministrativo, abbia riconosciuto il diritto di prevenzione dei ricorrenti e previa disapplicazione della concessione edilizia rilasciata ai controinteressati ed applicazione d’Ufficio di una norma inderogabile (art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968) ne abbia ordinato l’arretramento del loro fabbricato e nonostante che il giudizio e l’accertamento compiuto dal giudice ordinario costituisca un indispensabile antecedente logico e giuridico pregiudicante il processo amministrativo;
- violazione dell’art. 8 c.p.a. per non essersi limitato a prendere atto incidentalmente della sentenza del Tribunale civile che accertava l’esistenza del diritto reale dei ricorrenti ma anzi per avere in aperto contrasto con questa provvedimento giurisdizionale in concreto deciso dell'esistenza del diritto dei controinteressati a mantenere il loro edificio a distanza illegale;
- subordinatamente al motivo che precede, la violazione dell’art. 79 c.p.a. e 337 c.p.c. per non avere sospeso il processo amministrativo;
- violazione dell’art. 1 della legge n. 10 del 1977, per non avere ritenuto che la realizzazione del progetto presentato ed approvato con il rilascio della concessione edilizia ai ricorrenti, in