Commissione Tributaria Regionale Abruzzo, sez. II, sentenza 20/04/2017, n. 326

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- In presenza di un'operazione soggettivamente inesistente, ai sensidell'art. 14, comma 4-bis, legge 24 dicembre 1993, n. 537, ladeducibilità del relativo costo è ammessa solo laddove manchi laconsapevolezza della frode fiscale che sta a monte dell'operazione.

- La regolarità formale e sostanziale di operazioni soggettivamente inesistenti non ha alcuna valenza dirimente, poiché la pretesa tributaria si fonda sul fatto che uno dei due soggetti non è la vera parte del rapporto commerciale bensì un interposto di questa, a mezzo del quale ed in forza della sua inconsistenza patrimoniale, esigere e non versare l'IVA. In questo caso l'altra parte non ha diritto di rivalersi dell'IVA versata al soggetto interposto e non ha diritto di portare in deduzione, come costi, le forniture in tale forma ricevute, allorquando vi è la prova che questi conoscesse o si trovasse in condizione di poter conoscere la fittizietà dell'operazione in questione. La sua responsabilità si concretizza, a prescindere dalla prova di un diretto coinvolgimento nell'organizzazione/gestione dell'operazione, in presenza di fatti sintomatici quali la fatturazione della merce da parte di società non ricollegabili, immediatamente e di diritto, ai suoi effettivi fornitori, i movimenti finanziari di parziale retrocessioni di fatture ricevute, l'assenza di attività volta al recupero di crediti certi. La deducibilità del costo è ammessa solo laddove manchi la consapevolezza della frode fiscale che sta a monte dell'operazione cedente-cessionario.

- Nell'ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti, il cessionario non ha diritto di detrarre l'IVA versata al soggetto interposto quando sia fornita la prova che questi conoscesse o si trovasse in condizione di poter conoscere la fittizietà, dal punto di vista soggettivo, dell'operazione. Conforme: Cass. pen. sent. 26 ottobre 2015, n. 42994; Cass. pen. sent. 9 ottobre 2013, n. 41694. Contra: Cass. civ. sent. 26 ottobre 2016, n. 21633; Cass. civ. sent. 18 giugno 2014, n. 13800; Cass. civ. sent. 22 maggio 2013, n. 12503.

- In ipotesi di fatturazione per operazioni soggettivamente inesistenti di tipo triangolare, caratterizzate dalla interposizione di un soggetto italiano fittizio nell'acquisto di beni tra un soggetto comunitario, reale cedente, ed un altro soggetto italiano, reale acquirente, questi dev'essere considerato partecipante all'evasione se in mala fede, e cioè allorquando ricorrano elementi tali da lasciar presumere che il medesimo avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava ad un'operazione che determinava un'evasione dell'imposta commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena delle cessioni, fatta salva la possibilità per il cessionario di fornire la prova contraria. Ne consegue l'indetraibilità dell'IVA e l'indeducibilità dei costi, seppure effettivamente sostenuti. Conforme: Cass. pen. sent. 26 ottobre 2015, n. 42994; Cass. pen. sent. 9 ottobre 2013, n. 41694. Contra: Cass. civ. sent. 26 ottobre 2016, n. 21633; Cass. civ. sent. 18 giugno 2014, n. 13800; Cass. civ. sent. 22 maggio 2013, n. 12503.

Sul provvedimento

Citazione :
Commissione Tributaria Regionale Abruzzo, sez. II, sentenza 20/04/2017, n. 326
Giurisdizione : Comm. Trib. Reg. per l'Abruzzo
Numero : 326
Data del deposito : 20 aprile 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Con gravame ritualmente interposto, l'ufficio impugnava la decisione n. 203/16, emessa 13/20.07.16 dalla Commissione Tributaria Provinciale di Teramo Sez. II, con la quale, in una alla condanna alle ivi liquidate spese di lite secondo soccombenza, previa riunione dei tre relativi giudizi, erano stati accolti i ricorsi della contribuente avverso gli avvisi di accertamento IRES/ALTRO/IVA-OP. IMP./IRAP per gli anni 2008, 2009 e 2010. L'impugnata sentenza, in sintesi, fondava sui seguenti asserti:

1. (con riferimento al motivo di ricorso, secondo cui l'ufficio avrebbe mal esercitato il potere di autotutela, atteso che, dopo avere ritirato tre precedenti avvisi per una svista redazionale, avrebbe emesso quelli per cui è causa incorrendo nel medesimo errore, ossia violando il contraddittorio endoprocedimentale) il potere di autotutela è stato correttamente esercitato, non essendo l'ufficio decaduto dall'azione accertativa e non essendo stati detti avvisi coperti da giudicato;
la riedizione degli atti, con diversa motivazione non ha in ogni caso pregiudicato i diritti di difesa della contribuente;

2. (con riferimento al motivo di ricorso, secondo cui, in violazione dello SdC, gli accertatori prima, e ufficio, dopo avrebbero disatteso il contraddittorio endoprocessuale emettendo gli avvisi in questione senza tener conto in alcun modo delle ragioni spiegate nelle more dalla contribuente) il diritto della contribuente non è stato conculcato perché compiutamente informata delle sue facoltà in ordine al procedimento accertativo e, segnatamente, di quella, in effetti esercitata, di presentare osservazioni, di cui l'ufficio, quand'anche non aderendovi, ha dato debito conto negli avvisi impugnati;

3. (con riferimento al motivo di ricorso, secondo cui alla contribuente non sarebbe stato partecipato il p. v. c. che, redatto a carico di altro soggetto ritenuto a lei collegato, aveva dato causa agli accertamenti in questione, così come non gli sarebbero stati partecipati gli atti penali che pure avevano dato causa ai ridetti avvisi) infondatezza del rilievo, in considerazione del fatto che il p.v.c. in questione risulta invece riportato in quello elevato a carico della contribuente che, sulla base degli atti di causa, si deve ritenere che conoscesse direttamente anche degli atti penali da cui sono derivati gli accertamenti per cui è causa;

4. (con riferimento al merito della vicenda sottesa agli accertamenti ed al motivo di ricorso, secondo cui l'ufficio avrebbe apoditticamente presunto la conoscenza da parte della contribuente della frode carosello posta in atto dai soggetti P. con i quali la medesima aveva intrattenuto rapporti commerciali, comunque esistenti e tutti riguardati da operazioni contabili del tutto regolari) rammentato che: a. la contribuente aveva dapprima avuto rapporti con la società P.S.U. e con la P.M., acquistando merce proveniente da paesi extraeuropei e pagandola estero su estero;
b. successivamente, e per gli anni in contestazione, la medesima aveva acquistato, sempre con le stesse modalità, la merce dalla M. Ltd e dalla I.Srl, società estere, ma con domicilio fiscale in Italia e partita IVA italiana (accertate come "cartiere"), pagando la merce sempre estero su estero;
c. in difetto di altre anomalie da cui poter inferire la conoscenza da parte della contribuente di una frode commessa dalle società con le quali intratteneva i rammentati rapporti commerciali, l'unico elemento anomalo era rappresentato da un bonifico, estero su estero, a favore di una società riconducibile ai soci della contribuente;



4.1. l'anzidetto indizio non ha valenza univoca;



4.2. in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, la prova deve essere particolarmente rigorosa;



4.3. a fronte della dimostrata regolarità delle operazioni intrattenute dalla contribuente con le società "cartiere", l'ufficio non ha fornito elementi altrettanto certi in ordine alla conoscenza della frode da parte dell'accertata;



4.4. i rapporti commerciali della contribuente erano stati intrattenuti anche con molti altri fornitori e per importi di molto superiori;



4.5. l'unico indizio, di cui sopra è cenno, non è idoneo a sopravanzare le risultanze di una regolarità delle operazioni commerciali intercorse e, dunque, a disvelare la conoscenza da parte d contribuente della frode che, a monte, dette operazioni consentivano di perpretrare alle c.d. "cartiere" e, per loro tramite, agli effettivi cedenti;



4.6. stante l'autonomia dei giudizi, non si ritiene di mutuare un diverso convincimento statuito dal giudice penale. Per la riforma di tale sentenza, l'appellante-ufficio, dopo aver rammentato i fatti antefatti di causa (a- società estere facenti capo al gruppo P. acquistavano ingenti partite merci sui mercati internazionali e prima di introdurle nel territorio italiano le cedevano fittiziamente a società c. d. "cartiere" perché queste, tenute al pagamento IVA all'importazione, successivamente da loro evasa, consentissero ai soggetti destinatari finali delle merci figurava la contribuente di utilizzare il relativo credito IVA in compensazione;
b- nel corso del 2008, a fronte di forniture da parte di M. Ltd in favore della contribuente e delle somme da quest'ultima corrisposte, attraverso plurimi passaggi di pagamento tra società, venivano retrocesse alla contribuente, sia pure per il tramite dei suoi soci, parte di quelle somme;
c- i responsabili marketing della contribuente non si erano mai concretamente interfacciati con strutture imprenditoriali delle società apparentemente fornitrici ;
d- i fratelli P. piuttosto che cedere le partite di merce, come avvenuto in passato, per il tramite di società a loro immediatamente riconducibili, a ciò provvedevano attraverso le dette società "cartiere" di cui si presentavano come procacciatori;
e- i fratelli P.,piuttosto che le apparenti società fornitrici, curavano la consegna delle merci;
f- i pagamenti venivano effettuati estero su estero nonostante che le società apparentemente fornitrici avessero la rappresentanza fiscale in Italia e fatturassero con IVA in Italia;
g- presenza di anomalie tra i dati contabili della contribuente e quelli delle sue apparenti fornitrici;
h- mancata riscossione di un credito da parte della contribuente nei confronti della società apparentemente fornitrice), e dopo aver richiamato giurisprudenza in materia (a- laddove l'ufficio contesti al contribuente l'inesistenza, anche solo soggettiva, delle operazione fatturate e fornisca al contempo riscontri indiziari, è onere di quest'ultimo quello di dimostrare la fonte legittima della detrazione;
b- il cessionario ha l'onere di dimostrare di non essersi trovato nella condizione di conoscere le operazioni intercorse tra i soggetti a monte delle forniture ricevute;
c- l'assenza di una qualsivoglia struttura imprenditoriale in capo al soggetto fatturante è idonea a disvelare l'immediato rapporto tra cedente effettivo della merce e contribuente cessionario della stessa e, dunque, ad inficiare la buona fede di quest'ultimo;
d- la sola apparenza del rapporto tra fatturante e contribuente deve essere a maggior ragione disvelata dalla regolarità ed abitualità dei rapporti commerciali;
e- nel caso in cui si contestino operazioni soggettivamente inesistenti, la prova della realità delle operazioni medesime non è idonea, per incoerenza, a dimostrare l'estraneità alla frode da parte del contribuente cessionario) deduceva in termini gravatori:



1. la CTP erra laddove non scorge alcuna sintomatica differenza tra le operazioni commerciali intrattenute dalla contribuente nel periodo antecedente

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