TAR Catania, sez. IV, sentenza breve 2010-04-29, n. 201001282
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Testo completo
N. 01282/2010 REG.SEN.
N. 00763/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di TA (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 21 e 26 della legge 1034/71 e successive modifiche e integrazioni,
Sul ricorso numero di registro generale 763 del 2010, proposto da:
DE FA, rappresentato e difeso dall'avv. Salvatore Di Fede, con domicilio eletto presso LA CA, a TA, via Messina 244 Scala C;
contro
Ministero dell'Interno, Questura di Siracusa, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distr.le TA, domiciliata per legge a TA, via Vecchia Ognina 149;
per l'annullamento,
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento Cat. A. 12/Sogg. Arch. Sogg. n. 55/2009, notificato al ricorrente il 07.01.2010, con cui la Questura di Siracusa ha disposto il rigetto dell'istanza del ricorrente volta al rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e Questura di Siracusa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2010 il dott. Dauno Trebastoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Visto l’art. 21, comma 7, L. n. 1034/1971, come sostituito dall’art. 3 della L. n. 205/2000, nella parte in cui prevede che, “in sede di decisione della domanda cautelare, il tribunale amministrativo regionale, accertata la completezza del contraddittorio e dell'istruttoria ed ove ne ricorrano i presupposti, sentite sul punto le parti costituite, può definire il giudizio nel merito a norma dell'articolo 26”.
Visto l’art. 26, 3° e 4° comma, della citata legge, secondo cui, nel caso in cui ravvisi la manifesta fondatezza del ricorso, il tribunale amministrativo regionale decide con sentenza succintamente motivata, e “la motivazione della sentenza può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo, ovvero, se del caso, ad un precedente conforme. In ogni caso, il giudice provvede anche sulle spese di giudizio, applicando le norme del codice di procedura civile. La decisione in forma semplificata è assunta, nel rispetto della completezza del contraddittorio, nella camera di consiglio fissata per l'esame dell'istanza cautelare”.
1) Il ricorrente, cittadino tunisino, ha fatto ingresso in Italia a seguito di regolare visto d’ingresso rilasciato dall’Ambasciata d’Italia a Tunisi il 13.02.2008 per lavoro subordinato stagionale.
Entro otto giorni lavorativi dal suo ingresso in Italia egli ha adempiuto l’obbligo di richiedere il permesso di soggiorno, ottenendo così un permesso per lavoro subordinato, con scadenza l’08.11.2008.
Alla scadenza del primo permesso di soggiorno il ricorrente ha richiesto il suo rinnovo per lavoro subordinato, producendo regolare contratto di lavoro.
In data 07.01.2010, il ricorrente si è recato presso il Commissariato di Pachino, per denunciare un reato di rapina consumato ai suoi danni.
In quella occasione, gli è stato notificato il decreto Cat. A. 12/Sogg. Arch. Sogg. n. 55/2009, di rigetto dell’istanza volta ad ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno.
Con atto notificato il 4 marzo 2010, depositato il successivo 31 marzo, il ricorrente ha impugnato tale provvedimento.
Alla Camera di Consiglio del 14 aprile 2010, fissata per la discussione dell’istanza cautelare, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, le parti sono state sentite circa la possibilità che il Collegio decidesse la causa nel merito, ai sensi di quanto previsto dall’art. 26 L. 1034/71, come novellato dall’art. 9 L. 205/2000.
2.1) Il ricorso è fondato, nella parte in cui fa valere la mancanza della firma del Questore in calce al provvedimento, privo peraltro finanche di una attestazione di conformità all’originale, nonché laddove si censura la violazione dell’art. 10 bis della L. 241/90.
Non può invece essere considerato vizio di nullità la mancanza nell’atto della data, sia perché in generale la data non può essere considerata elemento essenziale di un provvedimento, se non in quei casi in cui concretizzi elemento costitutivo dello stesso contenuto del provvedimento (si pensi ad una sanzione per violazione del codice della strada), e sia perché, nel caso di specie, essa può essere fatta coincidere con quella di notifica del provvedimento stesso.
Per quanto riguarda la firma, invece, la fattispecie all’esame del Collegio concerne un classico caso di scuola di atto nullo per mancanza di elemento essenziale.
Infatti, tra gli elementi di un provvedimento da considerarsi essenziali vi è innanzitutto il soggetto, cioè la possibilità di imputare l’atto ad un’autorità amministrativa, nell’esercizio di una potestà amministrativa. Il difetto di tale elemento, dato anche dalla mancata sottoscrizione dell’atto, non può che dar luogo alla nullità dell’atto, anche alla luce della previsione dell’art. 21-septies L. 241/90, relativo appunto alla “nullità del provvedimento”, ai sensi del quale è nullo il provvedimento amministrativo che manchi, tra l’altro, degli elementi essenziali (cfr., ex multis, T.A.R. Veneto, sez. II, 13.11.2009 n. 2883).
2.2.1) Per quanto riguarda la mancata applicazione dell’art. 10 bis L. 241/90, che disciplina la “comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza”, giustificata dal provvedimento impugnato con l’urgenza di adottarlo e con la circostanza che trattasi di atto vincolato e non discrezionale, il Collegio, pur consapevole dell’esistenza di orientamento giurisprudenziale di senso contrario (vedi Cons. St., sez. II, 30.07.2009 n. 4802), ritiene che la sanatoria processuale di cui all'art. 21 octies, comma 2, l. 241/90 – secondo cui “il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” – sia inapplicabile all'ipotesi di violazione dell'art. 10-bis della stessa legge, ai sensi del quale “nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda”, al fine dell’instaurazione di una ulteriore fase di contraddittorio (cfr. T.A.R. Liguria, sez. I, 29.01.2010 n. 195; T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 14.01.2010 n. 53); e ciò perché l’art. 21 octies, nel prevedere, al comma 2, la non annullabilità del provvedimento da parte del giudice, ha introdotto manifestamente una norma eccezionale, di deroga alla generale previsione contenuta invece al comma 1, secondo cui “è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza”, e pertanto, in quanto tale non può essere a sua volta applicata per analogia, ai sensi di quanto espressamente previsto dall’art. 14 delle c.d. disposizioni preliminari al codice civile, secondo cui “le leggi…che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati” (nel senso della eccezionalità della norma T.A.R. Liguria, sez. II, 06.02.2006 n. 93.
2.2.2) In ogni caso, il Collegio ritiene che anche qualora l’art. 21 octies potesse essere applicato al caso in esame, il ricorso dovrebbe essere ugualmente accolto.
Come è noto, il comma 2 dell’art. 21 octies della L. 241/90, come modificato dalla L. 15/2005, ha inteso recepire, estendendone semmai l’applicazione, il precedente orientamento giurisprudenziale che sulla questione dei vizi procedimentali dell’atto, ivi compreso quello legato alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, aveva già assunto una posizione più legata alla “sostanza” delle questioni in rilievo, per cui tali vizi non comportavano comunque l’annullamento del provvedimento, qualora si accertasse in giudizio che comunque il suo contenuto non avrebbe potuto anche in seguito essere diverso.
Nell’ottica della ritenuta necessità che il giudice amministrativo, andando al di là dei vizi procedimentali riscontrati, verifichi invece la fondatezza della pretesa sostanziale fatta valere dal ricorrente, il legislatore non ha certamente inteso dichiarare la legittimità dei provvedimenti il cui annullamento, per la possibilità che l’Amministrazione ha di riemanare un provvedimento dall’identico contenuto, non arrechi al ricorrente alcun vantaggio concreto, bensì, più semplicemente, ha previsto una sanatoria processuale dell’invalidità dei provvedimenti impugnati, dei quali, proprio per la affermata “violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti” portata all’attenzione del giudice amministrativo, viene invece ribadita l’illegittimità; che tuttavia, in relazione alla constatata impossibilità che quei provvedimenti abbiano un contenuto diverso, non consente comunque a quel giudice di annullarli (per la prima parte del comma 2, “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”).
Vale a dire che la violazione continua ad integrare un vizio di legittimità, che però non comporta l’annullabilità dell’atto, a causa di valutazioni, attinenti al contenuto del provvedimento, effettuate ex post dal giudice, che accerta che il provvedimento non poteva essere diverso.
Il provvedimento era, e rimane affetto, da un vizio di legittimità. Il legislatore non ha, dunque, inteso intervenire sulla qualificazione dei vizi procedimentali o formali e del vizio relativo alla mancata comunicazione dell’avvio