TAR Catania, sez. I, sentenza 2014-07-01, n. 201401913

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2014-07-01, n. 201401913
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201401913
Data del deposito : 1 luglio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01667/2013 REG.RIC.

N. 01913/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01667/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di AN (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1667 del 2013, proposto da:
IR OP, ET OP, rappresentati e difesi dall'avv. Fausto Giannitto, con domicilio eletto presso Fausto Giannitto in AN, via L. Rizzo,29;



contro

Comune di AN, rappresentato e difeso dall'avv. Daniela Macrì, con domicilio eletto presso Daniela Macrì in AN, via G. Oberdan, 141;



per l’esecuzione

del giudicato nascente dalla sentenza n. 1038 del 19.03.2013 emessa dal Tribunale di AN.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di AN;

Viste le memorie difensive;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2014 il dott. Dauno Trebastoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Con la sentenza sopra citata, il Tribunale di AN ha condannato il Comune intimato al pagamento, a titolo di risarcimento danni, di € 8.996,00 in favore di OP IR, e di € 1.230,90 in favore di OP ET, “con la rivalutazione e gli interessi legali come da motivazione”, oltre alle spese di giudizio, liquidate in € 2.910,00, ponendo in via definitiva a carico del Comune le spese di ctu.

Tale sentenza è stata notificata il 19.04.2013, e poiché non appellata è passata in giudicato.

Non avendo ricevuto dall’Ente l’adempimento, i ricorrenti hanno ritualmente proposto il ricorso in esame, al fine di ottenere la dovuta ottemperanza mediante la nomina di commissario ad acta.

All’udienza camerale del 12.06.2014 il ricorso è stato posto in decisione.

1.1) Costituitosi il 17.07.2013, il Comune ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, essendo stato esso notificato il 24.06.2013, prima che dalla notifica della sentenza fossero decorsi i 120 giorni previsti dall’art. 14, comma 1, D.L. n. 669/96, ai sensi del quale “Le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici completano le procedure per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo di pagamento di somme di danaro entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo. Prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto”.

Con sentenza n. 922 del 26.03.2014, questa Sezione ha già avuto modo di occuparsi di tale problema, con precisazioni in base alle quali la predetta eccezione è da ritenere infondata.

La giurisprudenza amministrativa, sulla base della considerazione che entrambe le procedure rientrano nel genus dell’esecuzione forzata nei confronti dell’Amministrazione, ha in genere affermato che tale disposizione è applicabile anche nel caso in cui il creditore dell’Amministrazione proponga il giudizio di ottemperanza, ritenendo inammissibile il ricorso per ottemperanza proposto prima che fosse maturato il suddetto termine di 120 giorni (cfr., ex multis, TAR Veneto, sez. I, 12/06/2003 n. 3302).

Tale orientamento, peraltro, non è mai stato pacifico, sostenendosi anche che il citato art. 14, allorquando stabilisce un termine dilatorio per la proposizione dell’azione esecutiva nei confronti degli enti pubblici non economici, riguarda specificamente (solo) l’esecuzione forzata disciplinata dal codice di procedura civile, come si evince dall’inequivoco riferimento, ivi contenuto, all’"esecuzione forzata" e all’''atto di precetto", e in quanto norma eccezionale non sarebbe estensibile per analogia al giudizio di ottemperanza davanti al giudice amministrativo (così TAR Sicilia, AN, Sez. IV, 16.04.2007 n. 626, che richiama anche TAR Campania, Napoli, sez. V, 30.06.2005 n. 9144, e TAR Lombardia, Milano, sez. III, 14.12.2004 n. 6410. In termini anche TAR Sicilia, AN, Sez. II, 24.11.2009 n. 1946).

L’orientamento prevalente, secondo cui il giudizio di ottemperanza sarebbe inammissibile prima del decorso di 120 giorni dalla notificazione del titolo esecutivo, è stato comunque ribadito anche dopo l’introduzione, ad opera del D.Lgs. n. 104/2010, di approvazione del codice del processo amministrativo – cpa, della norma contenuta nell’art. 115, il quale, nel disciplinare “Titolo esecutivo e rilascio di estratto del provvedimento giurisdizionale con formula esecutiva”, al comma 3 dispone che “ai fini del giudizio di ottemperanza di cui al presente Titolo non è necessaria l’apposizione della formula esecutiva”.

In tal senso sono rilevabili diverse pronunce (cfr., Cons. St., sez. IV, 13/06/2013 n. 3280; Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 27/07/2012 n. 725; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 10/06/2013 n. 5789).

1.2) È però da rilevare che tutte le pronunce da ultimo citate, pur affermando l’applicabilità al processo amministrativo della disposizione sui 120 giorni, non hanno preso in considerazione (probabilmente sottovalutandone la portata) l’art. 115, comma 3, del cpa, il quale, con una disposizione di carattere generale che secondo il Collegio impone invece una rivisitazione del problema, prevede che non è necessaria l’apposizione della formula esecutiva “ai fini del giudizio di ottemperanza di cui al presente Titolo”; ed in quel Titolo, all’art. 112, sono comprese le azioni per conseguire l’attuazione, oltre che delle sentenze passate in giudicato o anche solo esecutive del giudice amministrativo, anche “delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario, al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato”.

Come è noto, infatti, il cpa, in conformità peraltro alla normativa previgente, continua a richiedere per la proponibilità del giudizio di ottemperanza, ma per i soli provvedimenti del giudice ordinario, il passaggio in giudicato (con riferimento all’analoga norma già contenuta nell’art. 37 L. n. 1034/71, Corte Cost. 25/03/2005 n. 122 ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità, nella parte in cui non consente l’utilizzazione del giudizio di ottemperanza con riguardo alle sentenze del giudice ordinario meramente esecutive, ancorché non passate in giudicato).

Ora, l’art. 474 c.p.c. dispone che “l’esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile”, ritenendo titoli esecutivi, tra gli altri, “le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva”.

Il successivo art. 475, nel disciplinare la “spedizione in forma esecutiva”, precisa tra l’altro che “le sentenze e gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria…, per valere come titolo per l'esecuzione forzata, debbono essere muniti della formula esecutiva, salvo che la legge disponga altrimenti”, e che “la spedizione in forma esecutiva consiste nell'intestazione «Repubblica italiana - In nome della legge» e nell'apposizione da parte del cancelliere o notaio o altro pubblico ufficiale, sull'originale o sulla copia, della seguente formula: «Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti»”.

In sostanza, le sentenze e i provvedimenti che necessitano dell’apposizione della formula esecutiva sono quelli che, una volta pronunciati, presentano l’idoneità a divenire titoli esecutivi, ossia a fondare l’esecuzione forzata tipica, e quindi le sentenze di condanna e quelle che, implicitamente, si risolvono in una decisione di condanna (con esclusione però della condanna generica e della condanna ad un facere incoercibile), cioè i tipici provvedimenti di cognizione che accertano il diritto all’esecuzione, mentre risultano inidonee a fondare un’azione esecutiva le sentenze meramente dichiarative.

La spedizione del titolo in forma esecutiva è preordinata a procurare il possesso del titolo (necessaria condizione per esperire l’esecuzione forzata) alle parti cui spetta, cioè a quelle a cui favore è stabilita la prestazione nella sentenza o nel provvedimento, i quali, attraverso la spedizione, divengono titoli idonei per l’esecuzione forzata.

Il combinarsi del comma 2 dell’art. 475 c.p.c. (secondo cui “La spedizione del titolo in forma esecutiva può farsi soltanto alla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento…, o ai suoi successori, con indicazione in calce della persona alla quale è spedita”) con l’art. 153, comma 1, disp.att. c.p.c. (ai sensi del quale “Il cancelliere rilascia la copia in forma esecutiva a norma dell'articolo 475 del codice quando la sentenza o il provvedimento del giudice è formalmente perfetto”), evidenzia la fondamentale funzione della formula esecutiva, cioè il controllo, da parte del cancelliere, della legittimazione del soggetto attivo del titolo a servirsi di esso per la soddisfazione in concreto del proprio diritto accertato, e della regolarità formale del provvedimento.

Tuttavia, la spedizione del titolo in forma esecutiva non comporta l’accertamento anche dell’efficacia del titolo esecutivo, né dell’inesistenza di fatti impeditivi o estintivi dell’azione esecutiva, ma una verifica meramente formale dell’esistenza ed efficacia dello stesso titolo esecutivo (cfr. Cass. civ., sez. III, 05.07.1990 n. 7074).

Ora, ai fini che in questa sede interessano, va distinto il "titolo esecutivo" (cioè l’atto, incluso nell’elenco di cui all’art. 474, comma 2, c.p.c., il quale ha l’astratta idoneità ad essere portato ad esecuzione coattivamente per un diritto

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