Trib. Roma, sentenza 17/01/2024, n. 10779

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Roma, sentenza 17/01/2024, n. 10779
Giurisdizione : Trib. Roma
Numero : 10779
Data del deposito : 17 gennaio 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI ROMA sez. II^ lavoro
Il Giudice del lavoro, dr. Luca Redavid, ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, nella pubblica udienza del 29/11/23 la seguente
SENTENZA nelle cause riunite iscritte in materia di lavoro al n° 10173 - 10174 del R.g. dell'anno 2021 promosse da:
Parte_1 rappresentato e difeso dall'avv. A. De Rosa – M. Antonini in virtù di procura allegata al ricorso introduttivo del giudizio ed elettivamente domiciliate presso lo studio del difensore;
RICORRENTE NTro
NTroparte_1 in persona del l.r.p.t. rappresentato e difeso dall'avv. R. Pessi – R. Fabozzi in virtù di procura allegata alla memoria di costituzione in giudizio ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore;

CP_2 in persona del l.r.p.t. rappresentato e difeso dall'avv. P. Scarlato in virtù di procura generale alle liti per atto notarile ed elettivamente domiciliato presso l'avvocatura metropolitana dell'istituto;
RESISTENTE
Oggetto: accertamento rapporto di lavoro subordinato e differenze retributive
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con distinti ricorsi, poi riuniti, le ricorrenti indicate in epigrafe hanno adìto il Tribunale di Roma – GL e, concludendo, hanno chiesto accertarsi e dichiararsi la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con dal maggio 2010, o dalla diversa data risultante di NTroparte_1 giustizia, nonchè il diritto all'inquadramento nella II Area Professionale 2° livello retributivo CCNL ABI e/o in altra categoria superiore o inferiore, con condanna di al NTroparte_1 pagamento delle differenze retributive quantificate nel conteggio analitico allegato al ricorso, ovvero al pagamento della diversa somma, maggiore o minore, ritenuta di giustizia;
in via subordinata hanno chiesto, in applicazione dell'art. 35 del D.Lgs n. 81/2015, condannare la società convenuta al pagamento delle differenze retributive in applicazione del CCNL per il personale dipendente del
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settore credito (II Area, 2° livello del CCNL, o altra categoria, maggiore o minore, ritenuta di giustizia) applicato ai dipendenti della resistente che svolgono mansioni analoghe a quelle svolte dalla ricorrente nella misura indicata in ricorso, come da conteggio allegato, con vittoria di spese di lite, da distrarsi. Si è costituita in giudizio la società convenuta indicata in epigrafe, eccependo, nel merito, l'infondatezza del ricorso sulla base delle analitiche allegazioni svolte in memoria ed ha concluso chiedendo, in via preliminare, dichiarare la parte ricorrente decaduta dall'azione in relazione ai periodi in cui è stata dipendente delle Società e Parte_2 [...]
e dunque sino al febbraio 2019;
rigettare il ricorso proposto e, in subordine, Parte_3 dichiarare prescritte le differenze retributive relative al periodo antecedente i 5 anni dall'invio della lettera di messa in mora (25 febbraio 2020). A seguito di integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c. disposta dal Giudice si è costituito in giudizio che ha così concluso: “ qualora dall'istruttoria emergano elementi tali da configurare CP_2 CP_ l'esistenza dell'obbligo di pagamento della contribuzione all' dichiarare ed accertare che il datore di CP_ lavoro è tenuto a versare all' la contribuzione richiesta in domanda, o quella diversa che dovesse risultare per dovuta nel corso del giudizio, nel limite dei termini prescrizionali di cui all'art. 3 della legge n. 335/1995, oltre oneri accessori come per legge. Spese come per legge”. La causa è stata istruita con documenti e prova testimoniale ed è stata discussa e decisa, mediante lettura del dispositivo, all'udienza in data 29/11/23.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve preliminarmente rigettarsi l'eccezione di decadenza sollevata da parte convenuta nella memoria di costituzione sollevata in virtù del combinato disposto degli artt. 6 L. n. 604/1966 e 32 comma 4 lett. d) della L.n. 183/2010 e dell'art. 39 d.lgs n. 81/2015. Infatti, come già affermato dalla giurisprudenza di questo Tribunale in una analoga controversia e citata da parte ricorrente, quest'ultima ha dedotto in ricorso che il rapporto di lavoro è proseguito senza soluzione di continuità presso la committente sia pur alle CP_1 NTroparte_1 NTr dipendenze formali di diverse società appaltatrici di e, quindi, il termine di decadenza invocato per l'impugnativa stragiudiziale deve decorrere dalla data di cessazione dell'attività lavorativa presso l'effettivo datore di lavoro, circostanza che alla data di deposito del ricorso non è ancora avvenuta. Peraltro l'art. 32 c. 4 lett. d) della L.n. 183/10 non prevede quale sia il termine a quo da considerare per il calcolo del decorso del termine decadenziale di 60 giorni e, tenuto conto che la fattispecie dell'appalto irregolare viene meno solo nel momento in cui la soggezione del lavoratore al potere direttivo del committente – reale datore di lavoro sia cessata, è possibile ritenere che sia questo il momento a partire dal quale inizi il decorso del termine di decadenza con la conseguenza che il dies a quo di quest'ultimo deve essere individuato nel momento finale del rapporto di lavoro in essere con il datore di lavoro reale e, quindi, nel momento in cui cessa la svolgimento della prestazione resa in favore di quest'ultimo con conseguente estromissione del lavoratore dal contesto organizzativo cui pretende di imputare il rapporto ( così Trib. Roma n. 5314 del 3/06/21). Conferma tale interpretazione l'art. 39 del d.lgs. n. 81/15 che prevede, nella fattispecie della somministrazione irregolare, che “nel caso in cui il lavoratore chieda la costituzione del rapporto di lavoro con l'utilizzatore, ai sensi dell'articolo 38, comma 2, trovano applicazione le disposizioni dell'articolo 6 della legge 604/66, e il termine di cui al primo comma del predetto articolo decorre dalla data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l'utilizzatore”;
ne discende che non rilevano i licenziamenti formalmente comunicati alle ricorrenti dalle società appaltatrici all'esito delle procedure di cambio appalto atteso che la lettera di licenziamento proviene dal formale datore di lavoro e non dal reale datore di lavoro che è stato accertato all'esito del giudizio;
a tal proposito Cass. n. 23684/10 ha affermato che nel caso di interposizione di manodopera vietata, il rapporto di lavoro si instaura
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effettivamente con l'interponente, sicché il licenziamento del lavoratore intimato dal datore apparente o interposto non è solo illegittimo, ma giuridicamente inesistente, con conseguente impossibilità di ratifica da parte dell'interponente, trattandosi di atto proveniente da soggetto estraneo al rapporto lavorativo, con la conseguenza che il licenziamento proveniente da un soggetto diverso dal titolare del relativo potere è inefficace perché "a non domino" : “ Secondo il condiviso orientamento di questa Corte, in caso di interposizione nelle prestazioni di lavoro, vietata (ricorrendone i presupposti) dalla L. n. 1369 del 1960, art. 1, l'interponente, effettivo utilizzatore delle prestazioni lavorative, si sostituisce all'interposto nel rapporto di lavoro, cosicché l'eventuale licenziamento intimato da quest'ultimo è inesistente giuridicamente (cfr, explurimis, Cass.,SU,n. 2517/97;
Cass.,nn. 5152/98;
5995/98;10318/00;6926/00). In tal senso deve essere corretta l'inesatta (ma in sostanza ininfluente ai fini del decidere) affermazione di "illegittimità" del licenziamento contenuta nella sentenza impugnata.

5.2 La possibilità di ratificare il licenziamento ricorre laddove la volontà della parte datoriale sia stata manifestata da una persona o da un organo della società datrice di lavoro non abilitati a compiere atti dispositivi del relativo diritto (cfr, ex plurimis, Cass., n. 9493/2003), e non già qualora, come nel caso di specie, il licenziamento sia giuridicamente inesistente perché proveniente da un soggetto che non sia parte del rapporto lavorativo.”)
Nel merito il ricorso è fondato e deve, quindi, essere accolto per quanto di ragione.
In ordine alla domande proposta relativa all'illegittimità dei contratti di appalto intercorsi tra la società committente e le società appaltatrici di servizi formali NTroparte_1 datrici di lavoro delle ricorrenti, la norma cui fare riferimento ratione temporis è, innanzitutto, il primo comma dell'articolo 29, non modificato dalla L.n. 92/12, che prevede:“ 1. Ai fini della applicazione delle norme contenute nel presente titolo, il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell'articolo 1655 del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle eSIenze dell'opera o del servizio dedotti in contratto, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d'impresa.”
Alcuni autori ( cfr. relazione all'incontro di studio organizzato dal CSM del novembre 2012 - dott.ssa
- “ il lavoro a favore di terzo: somministrazione ed appalto di manodopera”) che si sono Per_1 occupati dell'argomento hanno rilevato che “ dalla formulazione della norma appare evidente l'intento del legislatore di definire quale elemento essenziale dell'appalto "l'organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore", organizzazione che può essere desunta anche dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché dall'assunzione da parte del medesimo appaltatore del rischio d'impresa. Quest'ultimo elemento è peraltro difficilmente individuabile nei casi di prestazioni labour intensive, ossia di prestazioni in cui assume preminente rilievo il fattore umano della prestazione lavorativa, rispetto all'impiego di capitali per macchinari, impianti, mezzi, dovendosi utilizzare anche il criterio dell'imputazione del rischio per distinguere l'appalto di servizi dalla
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