Trib. Bari, sentenza 17/06/2024, n. 2486

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Bari, sentenza 17/06/2024, n. 2486
Giurisdizione : Trib. Bari
Numero : 2486
Data del deposito : 17 giugno 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI BARI in composizione monocratica, in funzione di Giudice del Lavoro, in persona del dott. Giuseppe
Minervini, all'udienza del 17.6.2024 ha pronunciato, all'esito della camera di consiglio, la seguente
SENTENZA nella causa in materia di lavoro in primo grado iscritta al n. 12029/2021 del Ruolo Generale affari contenziosi
TRA avv. CONTE A Parte_1
CONTRO avv. M LOIZZI, B MASSARELLI Controparte_1
E avv. Controparte_2
R TRAVI, M DI LANDRO
conclusioni: come in atti e verbali di causa.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato nell'anno 2021 l'istante conveniva in giudizio l' intimata chiedendo di CP_3 accertare il diritto all'adeguamento dell'indennità di equiparazione di cui all'art. 31 DPR n.761/1979 nella misura di euro 780,00 a decorrere dalla data d'inquadramento nella categoria D (1.7.2003) con la conseguente condanna al pagamento delle differenze retributive maturate e non percepite dal gennaio
2020 pari ad euro 599,40 sino ad ottobre 2021 per l'importo di euro 91.708,20 in aggiunta alla voce stipendiale di tredicesima ed accessori di legge nonché con la condanna all'adeguamento dell'indennità ridetta nei termini ivi in dettaglio indicati oltre alle spese di causa. Si costituiva in giudizio l' CP_3 intimata, contestando la fondatezza della domanda nel merito, concludendo per il relativo rigetto con vittoria delle spese e chiedendo la chiamata in causa in malneva del che si costituiva Controparte_2 in giudizio contestando la fondatezza dell'azione anche in rito. Istruita con prove documentali, all'odierna udienza, il Giudice decideva la causa come da sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In limine va rigettata l'eccezione di improcedibilità della chiamata causa in garanzia svolta dall'Università nei confronti del sul rilievo che all'udienza del 20.4.2023 era stata autorizzato CP_2


tale incombente per la successiva udienza del 9.11.2023 rinviata poi d'ufficio a quella del 15 febbraio
2024. Orbene, in tale occasione l' è stata autorizzata a notificare la chiamata in causa al terzo CP_3 nel termine previsto del 29.2.2024, in specie poi rispettato (cfr. in termini Cass. civ. Sez. lavoro, Sent.,
27-01-2015, n. 1483
).

2. PaSAndo al merito, merita richiamare le considerazioni in materia svolte nella sentenza
1558/2023 della Sezione prodotta in atti dall'istante ed i cui rilievi si richiamano nella odierna sede ex art. 118 disp. att. cpc:“ La domanda è parzialmente fondata e va accolta per quanto di ragione per le medesime ragioni, condivise da questo giudice, esposte da altra collega di questa Sezione Lavoro del Tribunale di Bari con riferimento ad un caso analogo (cfr. sentenza n. 2983/2022 pubblicata il 31.10.2022, estensore dott.SA Claudia
Tanzarella)f. Va premesso che parte ricorrente ha inteso precisare come, in questa sede, si discuta del (solo) adeguamento dell'importo mensile percepito in acconto a titolo di indennità di equiparazione nell'entità destinata al personale di cat. D
(ex VIII qualifica funzionale del Comparto ), secondo le tabelle di equiparazione, approvate dal Consiglio di CP_3
Amministrazione dell' del 1998 e conseguentemente dal Consiglio diAmministrazione del 2004, pari ad € CP_3
780,00 mensili, con richiesta di pagamento delle differenze retributive a tal titolo maturate a decorrere da luglio 2003. In effetti, è pacifico che la ricorrente ha percepito e percepisce l'indennità di equiparazione, sia pure nella inferiore misura di €
180,60, parametrata alla categoria C. Cionondimeno, risulta pure dagli atti di causa come la parte ricorrente abbia, in precedenza, ottenuto decreti ingiuntivi, per periodi successivi al 2012, nei riguardi dell'università resistente per il pagamento dell'indennità di equiparazione (dal 2012 non più erogata da parte dell'ateneo) nella misura agognata di €
780,00 mensili. Segnatamente, la parte ricorrente nell'atto introduttivo del giudizio ha testualmente allegato: “Anche la
Dott.SA adiva il Tribunale di Bari sez. lav. per ingiungere all' , dapprima il pagamento dell'indennità Pt_2 CP_3 di equiparazione nel superiore importo dovuto, pari ad € 780,00- mensili, per il periodo da settembre 2012 a settembre
2018. Il Tribunale emetteva il D.I. n. 2180/2018 (all. n. 23), accogliendo le richieste e riconoscendo il diritto all'indennità di equiparazione della Dott.SA , a fronte del quale però, la steSA raggiungeva l'accordo con Pt_2
l'Università di accettare nell'immediato, per il medesimo periodo una liquidazione calcolata su € 180,60- mensili, con espreSA riserva, formulata a mezzo della sottoscritta professionista, di adire il Tribunale di Bari, sez. lav., con il presente giudizio, per il riconoscimento del diritto a percepire il superiore importo di € 780,00- mensili a titolo di indennità di equiparazione per l'appartenenza alla categoria D, nonché per le differenze stipendiali non percepite a decorrere da luglio
2003. In seguito, per gli ulteriori periodi, il Tribunale si esprimeva poi con i D.I. n. 1843/2019 e n. 2372/2020 (all.
n. 24), ai quali l'Università non si opponeva provvedendo al pagamento, sempre con riserva della ricorrente di intraprendere la presente procedura” (cfr. pag. 8 del ricorso). Ciò posto, in via pregiudiziale e in termini generali, quanto al giudicato esterno si rileva che ai sensi dell'art. 2909 c.c.: “L'accertamento contenuto nella sentenza paSAta in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa”. La Corte di legittimità ha affermato a Sezioni Unite il principio per cui il giudicato esterno, come quello interno, deve essere rilevato di ufficio, ove risulti al Giudice, in quanto ciò risponde al principio di eliminare l'incertezza delle situazioni giuridiche e di evitare il contrasto di giudicati: “Poiché nel nostro ordinamento vige il principio della rilevabilità di ufficio delle eccezioni, derivando invece la necessità dell'istanza di parte solo dall'esistenza di una eventuale specifica previsione normativa, l'esistenza di un giudicato esterno, è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d'ufficio, ed il giudice è tenuto a pronunciare sulla steSA qualora eSA emerga da atti
2
comunque prodotti nel corso del giudizio di merito. Del resto, il giudicato interno e quello esterno, non solo hanno la medesima autorità che è quella prevista dall'art. 2909 c.c., ma corrispondono entrambi all'unica finalità rappresentata dall'eliminazione dell'incertezza delle situazioni giuridiche e dalla stabilità delle decisioni, le quali non intereSAno soltanto le parti in causa, risultando l'autorità del giudicato riconosciuta non nell'interesse del singolo soggetto che lo ha provocato, ma nell'interesse pubblico, essendo eSA destinata a esprimersi -nei limiti in cui ciò sia concretamente possibile per l'intera comunità. Più in particolare, il rilievo dell'esistenza di un giudicato esterno non è subordinato ad una tempestiva allegazione dei fatti costitutivi dello stesso, i quali non subiscono i limiti di utilizzabilità rappresentati dalle eventualmente intervenute decadenze istruttorie, e la steSA loro allegazione può essere effettuata in ogni stato e fase del giudizio di merito...” (Cass. civ. SS.UU. 25.05.2001 n. 226;
conf.: Cass. civ. sez. 2 del 25.10.2018 n. 27161). Come è noto, il giudicato copre il dedotto ed il deducibile: “Il giudicato copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e, pertanto, non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e neceSAri, della pronuncia…” (Cass. civ, sez. 2 4.03.2020 n. 6091). Sempre in termini generali, con riferimento all'oggetto ed ai limiti del giudicato esterno potenzialmente discendente da un decreto ingiuntivo non opposto, si richiamano le argomentazioni svolte dalla Suprema Corte (cfr. CaSAzione civile sez. II, 06/06/2016, n. 11572), secondo cui:
“Anche il secondo motivo censura violazione e falsa applicazione dell'art. 2902 c.c. (rectius: art. 2909 c.c.), con riferimento, invece, al decreto ingiuntivo n. 3030/1996, non recando esso alcun accertamento esplicito, nè chiarendo le ragioni di fatto o di diritto, quanto alla sussistenza del concorso del C. nelle spese comuni invocabile pure per le periodicità successive (sempre con particolare riguardo ai contributi contemplati nelle Tabelle A, C e ad alcune voci della Tabella E).
Il ricorso incidentale condizionato è subordinato all'accoglimento del primo motivo del ricorso e Controparte_4 riafferma la sussistenza del giudicato derivante dalla sentenza n. 3756/1997. E' preliminare l'esame del secondo motivo di ricorso, in quanto l'eventuale riconoscimento dell'efficacia di giudicato al decreto ingiuntivo n. 3030/1996 priverebbe di rilievo la verifica di un conforme pronunciamento contenuto nella successiva sentenza n. 3756/1997 (prevalendo il secondo giudicato sul primo soltanto se sulla medesima questione si siano formati due giudicati contrastanti). In ogni caso, il primo motivo di ricorso sarebbe comunque superabile per il fatto che esso assume una statuizione diversa da quella sul punto resa dalla Corte d'Appello di Firenze, quale risulta aver eSA steSA negato "la corrispondenza oggettiva tra il presente giudizio
e quello deciso con la sentenza n. 3756 del 1997". Il secondo motivo di ricorso è, allora, infondato. La Corte d'Appello di Firenze ha ritenuto sussistente l'efficacia preclusiva del decreto ingiuntivo n. 3060/1996, pronunciato dal Tribunale di
Firenze inter partes e non opposto. Quel decreto ingiuntivo, come si evidenzia pure in ricorso, era stato richiesto da … omissis per ottenere da l pagamento delle spese della comunione relative alle tabelle A, C ed E per le CP_5 Pt_3 annualità ivi dedotte. Scopo del presente giudizio (limitato ai contributi dovuti per le annualità di gestione dal 1998 al
2001) è rimettere in discussione che il
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